Mercoledì 18 Dicembre 2024

Attacchi all'aeroporto di Kabul: chi è l'Isis-Khorasan, il gruppo autore degli attentati

Nel complesso mosaico di milizie e intrecci tribali che caratterizza l’Afghanistan, l’Isis-Khorasan, il ramo di Daesh nell’Asia centrale che ha rivendicato gli attentati suicidi di Kabul, costituisce una grande incognita. Le notizie che giungono da fonti di intelligence sulla formazione terroristica, sorta nel 2015, sono frammentarie e a volte contraddittorie. Non è mai stata pienamente chiarita, ad esempio, l’esatta natura dei rapporti con lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, e ambigue sono le relazioni con i talebani, sulla carta loro nemici giurati. Ieri, a caldo subito dopo le esplosioni all’aeroporto, il portavoce dei talebani Zabihullah Mujahid ha ribadito l’intenzione dei nuovi governanti del Paese di non voler permettere «ai terroristi di usare l’Afghanistan come base per le loro operazioni». Secondo l’Onu, l’Isis-Khorasan conta 2.200 miliziani armati concentrati nella provincia montana di Kunar, al confine con il Pakistan. Un contingente composito, dove trovano spazio militanti pashtun pakistani fuggiti dal loro Paese, disertori afghani, estremisti uzbeki e, in numero più limitato, reduci arabi di quello che fu lo Stato islamico siro-iracheno. Le comunicazioni con le altre filiali del califfato nero, si legge in un’analisi scritta da Thomas Parker per il Washington Institute, sono ormai limitate a messaggi via cellulare e i finanziamenti ridotti a un piccolo rivolo. Più di un analista aveva però affermato che un ritorno dei talebani al potere avrebbe offerto ai terroristi una chance di rialzare la testa. Nonostante l’obiettivo comune di rovesciare il governo di Kabul, talebani e Isis hanno sempre combattuto tra loro per il controllo del territorio. La lunga campagna di sanguinosi attentati commessi dall’Isis, contro obiettivi sia civili che militari, ha però contribuito a creare nel Paese il clima d’instabilità che ha consentito ai talebani di riconquistare la guida del Paese. E gli studenti coranici non si sarebbero limitati a un’occasionale condiscendenza nei confronti dei terroristi. Il tramite tra i due gruppi sarebbe un’altra formazione jihadista, la rete Haqqani, vicinissima ai talebani, che, secondo alcune fonti di intelligence, avrebbe aiutato l’Isis a organizzare e portare a compimento alcuni attacchi contro obiettivi governativi afghani. I talebani potrebbero inoltre avere interesse nel mantenere in vita le cellule locali dell’Isis in modo da poter compiere, di tanto in tanto, strette repressive a loro danno che mostrino alla comunità internazionale un impegno di facciata nella lotta al terrorismo. Quel che sembra oggi più che probabile, anche alla luce degli attentati all’aeroporto di Kabul durante le operazioni di evacuazione delle ultime ore, è che una delle priorità dell’Isis-K sembra essere quella di voler distruggere l’influenza e la potenza talebana nell’Afghanistan orientale. Un primo passo per costruire una nuova grande base del jihadismo globale. Lo Stato Islamico in Afghanistan, negli ultimi anni fortemente indebolito dalla nuova ascesa dei talebani e dalle operazioni militari dell’esercito regolare afghano, avrebbe quindi interesse a scatenare una sorta di «guerra» per radicalizzare nuovi adepti sunniti e reclutare così nuovi militanti per riconquistare il terreno perduto. Una strategia simile a quella che mise in atto in Iraq Al Zarqawi, progenitore dell’Isis, contro gli sciiti. Stavolta, però, l’obiettivo sarebbe la minoranza Hazara, bersaglio ideale per alimentare una nuova escalation di violenza nel Paese.

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