"Dopo vent'anni, ho imparato che non ci sarebbe mai stato un buon momento per ritirare le forze americane dall'Afghanistan. Non mi sono pentito, difendo fermamente la mia scelta, dovevamo sconfiggere al Qaida, non costruire una nazione. Gli americani non andranno ancora a combattere e morire in una guerra che l'esercito afghano stesso non vuole combattere per il suo Paese, nonostante gli abbiamo fornito tutte le opzioni possibili contro i talebani". Joe Biden lascia il solitario bunker di Camp David e torna alla Casa Bianca per parlare alla nazione difendendosi dalle accuse per l'umiliante e caotico ritiro dall'Afghanistan mentre i talebani si prendono anche Kabul senza sparare un colpo. Critiche che gli piovono addosso da tutte le parti, dagli alleati internazionali alla grande stampa americana, dai repubblicani a più di qualche democratico, con la certezza che questo epilogo non previsto ma prevedibile macchierà per sempre la sua eredità nei libri di storia e metterà in discussione la sua credibilità agli occhi del mondo. Una vera Caporetto o, come suggeriscono i media Usa, una nuova Saigon, quella che lo stesso commander in chief aveva promesso di evitare garantendo un'uscita "sicura e ordinata", ritenendo "altamente improbabile" che i miliziani afghani riconquistassero il Paese, compresa la capitale. Biden ha dovuto così rompere un silenzio troppo lungo e rumoroso, dopo essere stato travolto dalle accuse e smentito da immagini che hanno fatto il giro del mondo: i talebani armati che entrano nel palazzo presidenziale mentre Ghani scappa all'estero, l'evacuazione in elicottero del personale dell'ambasciata Usa come ai tempi del Vietnam, il caos all'aeroporto di Kabul con afghani disperati che si attaccano ai carrelli degli aerei per fuggire. Biden ammette che l'Afghanistan è caduto "prima del previsto" ma resta convinto di aver fatto "l'interesse nazionale" mantenendo una promessa elettorale che fine a qualche giorno fa aveva ancora il consenso della maggioranza degli americani, stanchi di sperperare soldi in una guerra durata 20 anni. E si limita ad impegnarsi per i diritti delle donne in Afghanistan, a riservarsi azioni anti terrorismo "se necessario" e a minacciare i talebani di una "risposta devastante" se interferiranno nelle operazioni di evacuazione. "Non passerò questa guerra ad un quinto presidente", ha ribadito, convinto dell'inutilità di rimanere se lo stesso esercito afghano, pur avendo numeri e mezzi superiori ai talebani, non combatte per il proprio Paese. Ma il peso della debacle - "la peggiore della Nato dalla sua fondazione", secondo Armin Laschet, il leader del partito conservatore di Angela Merkel e candidato a succederle alla cancelleria tedesca - ricade tutto su Biden, anche se le responsabilità vanno spalmate su 20 anni di errori. Non ultimo il controverso accordo di Donald Trump con i talebani, ereditato dal suo successore. Presentatosi come il presidente con la maggiore esperienza di politica estera dai tempi di Eisenhower, Biden si è lasciato andare a previsioni fallaci rivelatesi un boomerang, suscitando dubbi e perplessità anche tra gli alleati internazionali più fidati. Difficile ignorare il fallimento dell'intelligence, che ha sottovalutato la forza dei talebani e sovrastimato le capacità delle forze governative, rivelatesi invece mal addestrate, demotivate, corrotte, senza leadership. Ciò che ha sorpreso tutti è stata la rapidità dell'avanzata degli estremisti islamici. A Biden si rimprovera di non aver saputo gestire tempestivamente l'atto finale, compresa l'evacuazione dell'ambasciata e dei tanti afghani che hanno aiutato gli Usa, riconsegnando il Paese ai talebani senza alcuna garanzia. L'unica domanda ora è se questa capitolazione danneggerà la sua immagine anche in casa o se gli americani che applaudivano ai comizi quando sia Trump che Biden promettevano l'uscita dall'Afghanistan faranno spallucce dicendo che questa storia doveva avere una fine. Anche se una brutta fine.