"I dati ci mostrano che non c'è motivo di cambiare i nostri piani". E allora il primo ministro britannico Boris Johnson conferma la sua roadmap contro la pandemia e la parziale riapertura da lunedì 12 aprile, dopo un lungo confinamento.
Una chiusura pressochè totale quella vissuta per settimane dai britannici che Johnson ringrazia, per la pazienza, per gli sforzi. Grazie a quel sacrificio collettivo, ripete, potranno adesso riaprire negozi, parrucchieri e anche i pub per il servizio all'aperto: "Ci andrò pure io lunedì ad alzare un bicchiere".
Un allentamento possibile grazie al calo dei casi, e soprattutto a una campagna vaccinale aggressiva mentre l'Europa fa i conti con una carenza di dosi. Carenza che la Francia ha deciso di affrontare anche con la produzione nazionale: alcune sue fabbriche sforneranno, in subappalto, 250 milioni di fiale per tutto il vecchio continente entro il 2021.
Sui viaggi internazionali Downing Street non ha invece ancora preso alcuna decisione: si attende un aggiornamento nei prossimi giorni e si punta al 17 maggio, la data prevista per l'avvio della terza fase della roadmap di Johnson, pensando ad un possibile meccanismo a 'semaforo'. La parola chiave resta cautela. E i test: da venerdì prossimo il governo britannico offrirà all'intera popolazione due tamponi gratuiti la settimana. Saranno disponibili in appositi centri, nelle farmacie, anche inviati per posta.
L'idea è creare un'abitudine, fare in modo che la verifica regolare e programmata. Per non ripiombare nel buio in cui il Regno è rimasto a lungo prima di ridurre drasticamente contagi e decessi grazie anche alle vaccinazioni con oltre 31milioni di abitanti già sottoposti alla prima dose e oltre 5 milioni alla seconda. E negli ultimi giorni i decessi hanno iniziato a calare, ai minimi degli ultimi sei mesi con solo 26 morti nelle ultime 24 ore.
I test come responsabilità personale a far da lasciapassare per le aperture, ma non il passaporto vaccinale. O non ancora. Un tema spinoso a Londra con chi lo reclama e chi frena: "pone questioni morali ed etiche" fa presente il premier, il quale comunque prende tempo. Di sicuro - dice - "non verrà chiesto alcun 'certificato' o 'covid status' a chi si recherà in negozi o pub da lunedì, né pensiamo ad una cosa simile per la fase tre della roadmap. L'idea però di uno status sul vaccino può essere utile per i viaggi a livello internazionale e ci stanno pensando in molti".
In merito Downing street sta per ora preparando un piano per le vacanze che prevede una classificazione a semaforo dei Paesi basato sulle vaccinazioni e i casi di coronavirus: i britannici che si recheranno in quelli 'verdi' non dovranno stare in quarantena al rientro nel Regno. Il documento non è però 'scolpito nella pietra, ed è molto chiaro nel sottolineare la precarietà della situazione affermando di non poter al momento confermare che i viaggi all'estero riprenderanno il 17 maggio "data la situazione della pandemia all'estero" e consiglia di astenersi dal prenotare le vacanze "fino a quando il quadro non sarà più chiaro".
Oltre la Manica intanto la Francia, ripiombata nel lockdown, accelera sui vaccini dando il via alla produzione nazionale, grazie a diversi impianti subappaltatori. L'obiettivo di questa produzione nazionale è quella che il presidente Emmanuel Macron ha definito "una questione di indipendenza". Le prime file dei sieri 'Made in France' saranno quelle della Delpharm, che ha firmato da tempo un contratto con Pfizer e BioNTech. Poi, da metà aprile, entreranno in produzione anche Recipharm e la sua fabbrica che ha un accordo con Moderna.
Poi, Sanofi che, in attesa del proprio vaccino, ha firmato una partnership con Janssen. Lo stabilimento di Fareva, infine, metterà in produzione entro l'estate dosi di Curevac dopo l'ok dell'Ema. Dovrebbe trattarsi di circa 250 milioni di dosi, entro il 2021, non destinate al mercato francese ma a tutta l'Europa.
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