Il riscaldamento globale potrebbe avere favorito l'emergere del coronavirus SarsCoV2, rendendo il sud della Cina, e in particolare la provincia dello Yunnan, l'habitat ideale per i pipistrelli. Lo indica la ricerca dell'università di Cambridge, pubblicata sulla rivista Science of the total environment, che per la prima volta stabilisce un collegamento fra le condizioni climatiche delle foreste nel Sud della Cina e la comparsa di nuovi coronavirus veicolati dai pipistrelli.
I ricercatori hanno studiato i cambiamenti su larga scala avvenuti sulla vegetazione nella provincia meridionale cinese dello Yunnan, nel Myanmar e Laos, creando una mappa della vegetazione globale com'era 100 anni fa, attraverso i registri di temperature, piogge e copertura nebulosa. Poi hanno studiato il tipo di vegetazione scelta dalle varie specie di pipistrelli all'inizio degli anni '90 e hanno confrontato la loro distribuzione attuale nell'arco dell'ultimo secolo.
Hanno così visto che il cambiamento climatico, con l'aumento delle temperature, della luce solare e dell'anidride carbonica nell'atmosfera, ha modificato gli habitat naturali, dalla savana tropicale alle foreste decidue, che sono così diventati gli ambienti adatti per molte specie di pipistrelli che vivono di solito nelle foreste. I ricercatori hanno infatti riscontrato che il 40% di specie di pipistrelli in più si sono spostate nell'ultimo secolo nel sud della Cina, dove ora si trovano più di 100 tipi di coronavirus che hanno origine nei pipistrelli.
E questa zona è proprio la regione dove i dati genetici suggeriscono che possa essere nato il coronavirus SarsCoV2. "Il cambiamento climatico degli ultimi 100 anni ha reso la provincia dello Yunnan l'habitat ideale per più specie di pipistrelli", commenta Robert Beyer, primo autore dello studio. Poiché il clima ha modificato gli habitat, le specie hanno lasciato delle aree spostandosi in altre, portandosi i virus con sé. "Ciò ha così cambiato le regioni dove erano presenti i virus, e permesso nuove interazioni tra gli animali e i patogeni, rendendoli più dannosi nel trasmettersi o evolversi", continua Beyer. Nel mondo ci sono circa 3000 diversi tipi di coronavirus veicolati dai pipistrelli, e ogni specie di questi mammiferi ne ospita in media 2,7, senza quasi mai mostrare sintomi. Con l'aumento del numero di specie di pipistrelli in una regione, aumenta anche la probabilità, comunque bassa, che un coronavirus dannoso possa fare il salto di specie dai pipistrelli all'uomo. Il cambiamento climatico ha inoltre aumentato il numero di specie di pipistrelli in Africa Centrale, Centro e Sud America. "Servono limiti all'espansione delle aree urbane e agricole - dicono i ricercatori - e bisogna cercare spazi negli habitat naturali per ridurre il contatto tra umani e animali che veicolano malattie".
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