La giustizia britannica ha bloccato l’estradizione in Usa del fondatore di Wikileaks, Julian Assange, sulla base della convinzione che, data la sua condizione mentale, rischierebbe il suicidio in un carcere statunitense.
L’hacker australiano, che ha 49 anni, è accusato in Usa di spionaggio e pirateria informatica perché aveva fatto pubblicare sul suo sito, Wikileaks, decine di migliaia di cablogrammi riservati della diplomazia statunitense, cablogrammi che rivelavano pagine imbarazzanti delle guerre in Iraq e Afghanistan ma anche aspetti 'sensibili' delle relazioni tra Washington e vari Paesi.
La giudice Vanessa Baraitser, della corte penale londinese di Old Bailey, ha detto di ritenere «dimostrato» che l’australiano presenta un rischio di suicidio e che potrebbe togliersi la vita se processato in Usa. Alla udienza era presente la compagna, l’avvocatessa Stella Morris, con cui Assange ha avuto due figli nei lunghi anni di cattività.
Fuori del tribunale, dopo la sentenza, è scoppiata l’esultanza dei suoi sostenitori, molti presenti con striscioni che inneggiavano alla libertà di stampa: «Non estradare Assange, il giornalismo non è un crimine», «Libera la verità, libera Assange», così recitavano alcuni degli striscioni.
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