Sono indagati quattro poliziotti colombiani che consentirono a un’unità delle Nazioni Unite di prelevare gli effetti personali di Mario Paciolla, il dipendente dell’Onu napoletano di 33 anni trovato morto il 15 luglio scorso nel suo appartamento di San Vicente del Caguan, nel dipartimento di Caquetà, in circostanze non chiare. L'accusa è di «intralcio alla giustizia» per aver consentito di alterare una probabile scena di un delitto, anche se le autorità in un primo momento avevano parlato di suicidio. Lo scrive il quotidiano El Expectador in un articolo di Claudia Julieta Duque, giornalista amica di Paciolla. Sul caso nei prossimi giorni potrebbero arrivare i risultati dell’autopsia e forse una prima indicazione su cosa sia accaduto al cooperante italiano. Intanto il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, in due interviste al Mattino e al Fatto quotidiano ha avvertito che quanto accaduto «non può lasciare indifferenti» e che «il minimo, ora, è lavorare senza sosta per avere verità e giustizia». «L'ho promesso alla sua famiglia e farò tutto quanto in mio potere», ha aggiunto. Il 16 luglio, la squadra dell’Unità indagini speciali dipendente dal Dipartimento di Salvaguardia e sicurezza dell’Onu aveva portato via denaro (circa 2000 euro in pesos colombiani), una macchina fotografica e altre cose di proprietà di Paciolla che era impegnato con la missione Onu di verifica degli accordi di pace tra governo colombiano e Farc. Nell’articolo su El Espectador, la giornalista ricorda che all’autopsia del cadavere di Paciolla partecipò anche Jaime Hernan Pedraza Lievano, capo della missione medica Onu in Colombia ma non anatomopatologo. Il capo della Missione di verifica dell’Onu, scrive infine la Duque, si è rifiutato di rispondere a sette domande scritte sulle azioni dei suoi dipendenti che potrebbero configurare il reato di «intralcio alla giustizia» in Colombia e in Italia. (AGI) Ant