Da oggi scendono in campo più di mille volontari con meno di 55 anni per i primi test clinici del vaccino contro il Covid-19 messo in cantiere nell'università di Oxford: si tratta del progetto più avanzato d'Europa in termini di sperimentazione. Dopo i risultati incoraggianti, fatti registrare nella fase pre-clinica sugli animali, il prototipo oxfordiano - chiamato ChAdOx1 nCoV-19 e frutto della partnership con l'azienda italiana Advent-Irbm di Pomezia - passa dunque alla fase dei trails su uomini e donne 'cavia', che riceveranno, sotto forma di "rimborso spese", fino all'equivalente di 700 euro. Una sensazionale accelerazione, quella impressa nella corsa al vaccino dal prestigioso ateneo britannico possibile solo grazie alla concentrazione di diversi stadi della sperimentazione in quattro mesi, invece dei cinque anni solitamente necessari. "I primi test sugli animali condotti con un virus modificato che si chiama adenovirus, e contiene un frammento minuscolo dello spike del coronavirus, ci hanno dato le risposte che attendevano - spiega Giacomo Gorini, 31enne di Rimini, ricercatore italiano di immunologia impegnato in prima persona nell'equipe del celebre Istituto Jenner dell'ateneo di Oxford-. Speriamo ora nelle persone". Per conoscere i risultati ci vorranno del resto alcuni mesi; e in corsa ci sono pure altri centri di ricerca di vari Paesi del globo, nota il giovane immunologo romagnolo. "Il fatto che ci siano tante strategie in tutto il mondo è una buona cosa - aggiunge -, così si diversificano gli investimenti". Due le ragioni chiave dietro l'impennata del Jenner Institute, cuore della ricerca affidata all'equipe della professoressa Sarah Gilbert: l'urgenza imposta dalla micidiale pandemia e l'uso d'una tecnologia, già testata con successo nel recente passato, contro altri virus di ceppo analogo quali Mers o Sars. "E' stato un chiaro vantaggio sugli altri gruppi di lavoro", ha riconosciuto all'ANSA Martino Bardelli, ricercatore ticinese coinvolto nei test di Oxford, che potranno contare anche sui finanziamenti extra (24 milioni di euro) garantiti ieri dal governo britannico. "Il vaccino è basato su un vettore virale chiamato ChAdOx1, inserito dentro l'involucro di un adenovirus isolato dagli scimpanzé - la spiegazione di Bardelli -. Il suo genoma però viene modificato per evitare che possa replicarsi o causare un'infezione negli individui vaccinati. Al suo interno viene introdotto il gene della proteina spike del SARS-CoV-2. Quando questo vettore virale infetta le nostre cellule, stimola la produzione della proteina spike per innescare l'attivazione dell'immunità". La speranza degli scienziati del Jenner è che il sistema immunitario "impari" a riconoscere la proteina spike, così da sollecitare una rapida risposta tale da bloccare l'infezione. La sperimentazione clinica si svolgerà in diversi laboratori, dislocati nelle aree di Bristol, Southampton e Londra. E coinvolgerà un totale di 1.112 volontari, di età compresa tra i 18 e 55 anni, selezionati attraverso scrupolosi controlli medici. A circa metà campione (510 individui) verrà somministrato il ChAdOx1 nCoV-19, agli altri il vaccino contro la meningite: nessuno saprà il proprio gruppo d'appartenenza. Una volta terminata la fase 1, e confermata la non tossicità del vaccino, si passerà (verosimilmente tra fine maggio e giugno) alla fase 2, con gruppi di volontari più anziani. "E' la fase che ci preoccupa maggiormente - ha spiegato Andrew Pollard, virologo del team di Oxford - perché tra gli over 70 la risposta immunitaria a molti vaccini è spesso deludente. Se accadesse anche in questo caso, proveremo a somministrare dosi maggiori per rinforzare la reazione del sistema immunitario". L'obiettivo, nel migliore degli scenari, è di poter contare già su un milione di dosi a settembre, disponibili per un ipotetico uso compassionevole successivo direttamente su alcune categorie di pazienti gravi. Mentre per una produzione su larga scala i tempi sono destinati ad allungarsi: più o meno un anno nelle previsioni di un'eventuale copertura nazionale britannica, di più per una svolta globale. "Continuo a ritenere che per una soluzione a breve-medio termine dobbiamo insistere nella ricerca di un farmaco, magari già esistente, in grado di disinnescare i sintomi del coronavirus", ha osservato Bardelli: "I tempi del vaccino per tutti resteranno comunque più lunghi". Intanto, un team di ricercatori dell'università di Berna ha presentato un vaccino per il Covid-19 che potrebbe essere pronto già ad ottobre. Lo riporta il sito Swissinfo.ch. "La possibilità di successo è realistica - ha affermato Martin Bachmann, professore di immunologia dell'università nel corso di una conferenza online con l'associazione della stampa delle Nazioni Unite -. La Svizzera ha una tradizione di pragmatismo ed è pronta a trovare un compromesso se serve a ottenere più in fretta un vaccino". Nello sviluppare il vaccino, hanno spiegato gli esperti, il team svizzero segue un approccio diverso rispetto ad altri laboratori, utilizzando particelle simili al virus, che non sono contagiose, a differenza del virus stesso, e permettono una buona risposta immunitaria. Un prototipo è stato sviluppato già in febbraio, poche settimane dopo che il virus era stato identificato in Cina, ed è stato testato con successo su topi da laboratorio, mostrando che il siero è in grado di neutralizzare il virus. Bachmann, che è anche professore di vaccino logia all'istituto Jenner dell'università di Oxford, ha affermato che l'accelerazione dei tempi può essere almeno in parte spiegata dal procedimento, che potenzialmente facilita la produzione. "Il vaccino è unico, a causa della sua elevata scalabilità. Ha la capacità di produrre miliardi di dosi in poco tempo".