Domenica 29 Dicembre 2024

Soleimani, processioni funebri fino a lunedì. Rohani: "Gli Usa pagheranno le conseguenze"

Bandiere bruciate dopo l'uccisione di Soleimani

Continuano le processioni funebri in onore del comandante di Qod Ghassem Soleimani, il vice comandante della milizia Hashd al-Shaabi sostenuta dall'Iran in Iraq ucciso in un attacco americano a Baghdad venerdì scorso. Manifestazioni si sono svolte ad Ahvaz, nella provincia del Khuzestan, in Iran e un'altra è prevista nella città santa di Mashhad. Secondo i funzionari iraniani, le cerimonie funebri continueranno a Teheran lunedì mattina e poi a Qom lunedì sera. Il generale Soleimani verrà sepolto martedì pomeriggio nella sua città natale, Kerman, secondo le sue volontà. Intanto, i corpi di Al-Muhandis e di altre persone uccise nell'attacco degli Stati Uniti sono stati consegnati in Iran per test di identificazione del DNA. E ieri sera il comandante delle Guardie della rivoluzione, Hossein Salami, citato dall'agenzia Fars, ha sottolineato che l'Iran metterà in atto una vendetta contro gli americani per l'uccisione del generale al punto che "metterà fine alla presenza degli Usa nella regione". Nel frattempo il capo del Centro per gli studi strategici dell'esercito, generale Ahmad Reza Purdastan, ha detto che gli Usa "hanno chiesto a 16 Paesi di mediare per indurre l'Iran a non compiere una rappresaglia". Trentacinque obiettivi americani, oltre a Tel Aviv, sono "sono a portata di tiro della Repubblica islamica" e potrebbero essere colpiti in una rappresaglia iraniana per l'uccisione di Soleimani. Lo ha detto il generale Gholamali Abuhamzeh, comandante delle Guardie della rivoluzione nella provincia sud-orientale di Kerman, citato dall'agenzia Tasnim. Abuhamzeh ha accennato in particolare alla possibilità di attacchi nello Stretto di Hormuz, attraverso il quale passa circa il 20% dei traffici petroliferi mondiali via mare: "Lo Stretto di Hormuz - ha affermato - è una rotta vitale per l'Occidente, e un gran numero di navi da guerra americane attraversano lo Stretto di Hormuz, il Golfo di Oman e il Golfo Persico". Se l'Iran colpisce americani o asset americani gli Usa colpiranno molto duramente l'Iran. E gli Stati Uniti hanno già individuato 52 siti iraniani che potranno essere attaccati molto rapidamente: è la minaccia twittata da Donald Trump, spiegando che il numero 52 corrisponde "agli ostaggi americani presi dall'Iran molti anni fa" nell'ambasciata Usa a Teheran. Il presidente americano spiega che molti di questi obiettivi sono di "livello molto elevato e importanti per l'Iran e per la cultura iraniana". Visitando a Kerman, nel sud-est dell'Iran, la famiglia di Soleimani, il presidente Hassan Rohani ha assicurato alla figlia che "tutti" vogliono vendicare la morte di suo padre e ha promesso che gli Usa "pagheranno le conseguenze non solo oggi, ma anche negli anni a venire" per il blitz in cui giovedì sera hanno ucciso a Baghdad il capo della Forza Qods dei Pasdaran. Il rappresentante iraniano presso l'Onu, Majid Takht Ravanchi, in una lettera al segretario generale Antonio Guterres ha scritto che il suo Paese reagirà con "un'azione militare all'azione militare" degli Stati Uniti, riservandosi di decidere "dove e quando". Ma allo stesso tempo l'Iran non respinge gli approcci diplomatici. La vendetta iraniana per l'uccisione del generale Qassem Soleimani potrebbe colpire ovunque: più probabilmente in Medio Oriente, ma anche in altre parti del mondo. E l'obiettivo potrebbe essere non solo l'America, ma anche le forze e gli interessi degli alleati Usa. E' questo che vanno ripetendo in queste ore esperti e commentatori americani, anche se da Washington assicurano che al momento non esistono minacce "specifiche e credibili". L'unico vero allarme per ora è quello su una possibile massiccia ondata di cyberattacchi che l'Iran potrebbe sferrare con conseguenze disastrose in Occidente. Intanto, mentre la Nato ha sospeso a scopo precauzionale le sue attività di addestramento in Iraq, Papa Francesco ha lanciato un accorato appello alla pace via Twitter: "Dobbiamo credere che l'altro ha il nostro stesso bisogno di pace. Non si ottiene la pace - ha affermato il Pontefice - se non la si spera. Chiediamo al Signore il dono della pace!". La prima dura risposta iraniana agli Usa potrebbe essere politica e venire proprio da Baghdad, dove domenica è in programma una riunione del Parlamento che potrebbe votare per il ritiro dal Paese dei 5.200 militari Usa, una mossa che lascerebbe il campo libero a Teheran per rafforzare ulteriormente la presa sul Paese vicino.

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