Il parlamento britannico potrà essere riconvocato «il più presto possibile», ha sottolineato la Corte suprema britannica, dopo aver stabilito che la sospensione decisa fino al 14 ottobre dal premier, Boris Johnson, è «illegale». «Spetta al Parlamento, e in particolare ai presidenti delle due Csmere, decidere cosa fare dopo. A meno che non vi siano regole parlamentari di cui non siamo a conoscenza, possono adottare misure immediate per consentire a ciascuna Camera di essere riconvocata», ha stabilito la corte.
Partono le prime richieste di dimissioni nei confronti di Boris Johnson da parte delle opposizioni britanniche dopo la pesantissima sentenza con cui la Corte Suprema ha dichiarato illegale e nulla la sospensione prolungata del Parlamento voluta dal primo ministro Tory fino al 14 ottobre, nel pieno della crisi sulla Brexit. Mentre s'ipotizza che le Camere possano essere riconvocate già domani.
La prima a parlare di dimissioni come «la prima cosa decente» che Johnson dovrebbe fare è stata Joanna Cherry, deputata indipendentista scozzese dell’Snp, in prima fila in uno dei ricorsi presentati contro la sospensione.
Secondo Cherry, il verdetto stabilisce che «nessuno, neppure un monarca, è al di sopra della legge». Voci in favore delle dimissioni arrivano anche dal Labour, mentre per la leader liberaldemocratica Jo Swinson, «Johnson non è adeguato a fare il primo ministro».
Esulta anche Gina Miller, l’attivista pro Remain promotrice di un altro dei ricorsi, secondo cui la sentenza non è politica, ma fa valere la legge e ripristina «lo stato di diritto».
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