«Come può essere difficile condividere la nuova vita che il Signore ci dona quando siamo continuamente spinti a giustificare noi stessi, credendo che tutto provenga esclusivamente dalle nostre forze e da ciò che possediamo», ha detto il Papa nella messa al campo diocesano di Soamandrakizay, ad Antananarivo, "quando la corsa ad accumulare diventa assillante e opprimente esacerbando l’egoismo e l’uso di mezzi immorali!».
Per Francesco, «il Signore vuole preparare i suoi discepoli alla festa dell’irruzione del Regno di Dio, liberandoli da quell'ostacolo rovinoso, in definitiva una delle peggiori schiavitù: il vivere per sé stessi». «È la tentazione di chiudersi nel proprio piccolo mondo che finisce per lasciare poco spazio agli altri - ha spiegato -: i poveri non entrano più, la voce di Dio non è più ascoltata, non si gode più la dolce gioia del suo amore, non palpita più l’entusiasmo di fare il bene... Molti, in questo rinchiudersi, possono sentirsi apparentemente sicuri, ma alla fine diventano persone risentite, lamentose, senza vita». «Questa non è la scelta di un’esistenza dignitosa e piena, questo non è il desiderio di Dio per noi, non è la vita nello Spirito che scaturisce dal cuore di Cristo risorto», ha aggiunto, citando la sua Evangelii gaudium.
«Guardiamoci intorno: quanti uomini e donne, giovani, bambini soffrono e sono totalmente privi di tutto! Questo non fa parte del piano di Dio». «Quanto è urgente», ha detto nell’omelia, «questo invito di Gesù a morire alle nostre
chiusure, ai nostri orgogliosi individualismi per lasciare che lo spirito di fraternità - che promana dal costato aperto di Cristo, da dove nasciamo come famiglia di Dio - trionfi, e ciascuno possa sentirsi amato, perché compreso, accettato e apprezzato nella sua dignità». Citando la sua omelia per la scorsa Giornata mondiale dei poveri (18 novembre 2018), il Pontefice ha sottolineato che "davanti alla dignità umana calpestata spesso si rimane a braccia conserte oppure si aprono le braccia, impotenti di fronte all’oscura forza del male. Ma il cristiano non può stare
a braccia conserte, indifferente, o a braccia aperte, fatalista, no. Il credente tende la mano, come fa Gesù con lui».
Il Papa ha invitato quindi «a riprendere il cammino, a osare questo salto di qualità e adottare questa saggezza del distacco personale come base per la giustizia e per la vita di ognuno di noi: perché insieme - ha concluso - possiamo combattere tutte quelle idolatrie che ci portano a focalizzare la nostra attenzione sulle ingannevoli sicurezze del potere, della carriera e del denaro e sulla ricerca di glorie umane».
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