In Germania in testa, ma in netto calo, c'è la Cdu di Angela Merkel, con l'exploit dei Verdi. E mentre in Francia e Ungheria trionfano i nazionalisti di estrema destra, rispettivamente Marine Le Pen Viktor Orban, in Spagna invece a primeggiare sono i socialisti di Sanchez, che diventa il punto di riferimento della sinistra. Sono tutt'altro che omogenei i risultati delle elezioni europee, secondo i primi exit poll.
In Germania volano i Verdi: raddoppiano i consensi e diventano il secondo partito. In testa, ma in netto calo, c'è la Cdu di Angela Merkel, con i democristiani mai così deboli nella cattolica Baviera, mentre i populisti di destra dell'Afd crescono ma non sfondano come i sondaggi lasciavano temere. Crolla invece l'Spd: sorpassata dagli ambientalisti come seconda forza del Paese, per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale perde anche il comune di Brema.
E' il quadro disegnato dagli exit poll delle elezioni europee in Germania, in base al quale ora qualcuno comincia a tenere per la tenuta del governo a Berlino. Anche se dalla Cdu ci si affretta a confermare che il cancellierato di Merkel continuerà fino alla scadenza naturale della legislatura.
In Francia, per la seconda volta, alle europee il partito di Marine Le Pen arriva in testa. Nel 2014, con il 24,86% dei voti, diede il via al tracollo di Francois Hollande. Stavolta il distacco dal partito della maggioranza, La Republique en Marche, è più contenuto (23-24% contro 22-23%) ma per la leader dell'estrema destra è la grande rivincita dopo la cocente sconfitta alle presidenziali. "Chiediamo questa sera lo scioglimento dell'Assemblea Nazionale", le sue prime parole.
Il panorama politico della Francia, che ha fatto segnare un picco storico di partecipazione con un'affluenza al 52% (quasi il 10% in più rispetto al 2014, un record dal 1994), appare profondamente modificato: la sconfitta di Macron è più nella sostanza che nei numeri, avendo il presidente stesso scommesso molto della sua prima parte di mandato sulla sua visione di Europa, a cominciare dal discorso della Sorbona del settembre 2017. Sua la polarizzazione fra populisti-nazionalisti e progressisti, sua l'insistenza sull'obiettivo prioritario di battere Le Pen come punto di riferimento delle forze sovraniste.
Sul podio, la sorpresa più grande di queste europee francesi, i Verdi, che scavalcano la deludente destra dei Republicains e che con il voto giovane andato in massa ad un personaggio come Yannick Yadot diventano terza forza, quasi al 13%. E pongono la loro candidatura come nuova guida della gauche, che non affonda: se grande è l'amarezza dei seguaci di Jean-Luc Melenchon (La France Insoumise) - passati da terza forza alle presidenziali al rischio di non prendere seggi in Europa (6-7%) - si segnala l'inversione di tendenza dei socialisti: l'ex partito di Hollande arriva anche lui al 6-7%, grazie anche all'alleanza con il nuovo Place Publique di Raphael Glucksmann.
Se l'estrema destra festeggia e chiede la testa della maggioranza, i conservatori tradizionali - ex neogollisti - non sembrano in grado di arrestare il loro declino: i Republicains sono stati scavalcati al loro terzo posto degli ultimi anni dai Verdi e si fermano all'8,3%. Per Laurent Wauquiez, il segretario che ha diviso da subito il movimento, non sembra esserci futuro.
I socialisti spagnoli si confermano il faro di riferimento della sinistra europea. Il premier Pedro Sanchez, bissando il successo alle politiche del mese scorso, ha condotto il Psoe a stravincere le elezioni per il rinnovo del parlamento di Strasburgo: oltre dieci punti di vantaggio sui popolari, ormai in piena crisi.
Non è andata meglio all'ultradestra di Vox, che comunque ha ottenuto il suo primo pass per l'Eurocamera. Al termine di una giornata elettorale molto intensa in Spagna, perché si votava anche per il rinnovo di 12 parlamenti regionali e di migliaia di comuni, Sanchez si è imposto sugli altri sfidanti sfruttando la scia del voto di aprile. Il Psoe - stando agli ultimi sondaggi - ha praticamente confermato i numeri della recente consultazione: circa il 28% delle preferenze, che consentiranno ai socialisti spagnoli di portare a Strasburgo 18 eurodeputati. Il Pp, al contrario, vede sempre più nero.
A Strasburgo, l'affermazione del Psoe costituisce una boccata d'ossigeno per la famiglia progressista e serve anche per puntellare il fronte europeista rispetto all'avanzata dei sovranisti, che tra l'altro non hanno sfondato.
Nella misura in cui la sinistra arranca nei paesi più grandi dell'Ue, come la Germania e la Francia, Sanchez è uno dei pochi, insieme con il leader laburista olandese Frans Timmermans, a non doversi leccare le ferite. Anzi, la vittoria in patria del 'Guapo' spagnolo può costituire una moneta di peso in sede di trattative per le nomine del prossimo esecutivo Ue. E magari per piazzare proprio Timmermans alla guida della Commissione.
Alle europee in Ungheria il partito di Viktor Orban, Fidesz, si conferma in testa ai primi exit poll con un netto 56%. Emerge dai numeri resi noti da Europe Elects. Il risultato è superiore di 4 punti percentuali rispetto alle elezioni europee del 2014.
Molto lontani da Fidesz tutti gli altri partiti: socialisti (Mszp) e social-liberali (Dk) sono entrambi dati al 10%, sostanzialmente invariati rispetto alle precedenti europee. Gli ultra-nazionalisti di Jobbik otterrebbero invece il 9% dei consensi contro il 14% del 2014, seguiti dai liberali di Momentum al 7%. Indietro i Verdi (Lmp), con il 3% (5,4 nel 2014). L'affluenza alle urne, secondo l'ultimo dato disponibile, è al 30,5% contro il 28,97 finale di cinque anni fa.
In Polonia il partito ultraconservatore Diritto e Giustizia (PiS/Ecr) di Jaroslaw Kaczynski è in testa nel voto per le Europee in Polonia col 42,40%. Lo segue a stretto giro la Coalizione europea, la lista unica formata dai principali partiti di opposizione, tra cui la Piattaforma civica di Donald Tusk. Emerge dalle stime sulla base degli exit poll, pubblicate dal Parlamento europeo. Kukiz'15, gli alleati del M5S, col 4,10% non riescono invece a superare la soglia di sbarramento, fissata al 5% in Polonia.
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