Una vittoria mutilata. Nelle amministrative in Turchia, l’ennesimo successo elettorale dell’Akp di Recep Tayyip Erdogan finisce oscurato dallo storico trionfo dell’opposizione ad Ankara e da un clamoroso testa a testa a Istanbul, dove nella tarda serata il conteggio si è bloccato al fotofinish con una differenza di poche centinaia di voti tra i due sfidanti su quasi nove milioni.
Il candidato sindaco dell’opposizione Ekrem Imamoglu ha affermato oggi di aver vinto le elezioni municipali nella capitale turca con oltre 29.000 voti di scarto. Secondo gli ultimi dati diffusi dall’agenzia ufficiale Anadolu dopo lo spoglio del 98% delle schede, il candidato di Erdogan aveva il 48,70% e Imamoglu il 48,65%. Ma quest’ultimo ha rivendicato la vittoria affermando e che il partito al governo «non ha possibilità di colmare il divario».
Se il candidato del presidente ha rivendicato la vittoria, l’opposizione contesta i dati e chiede un nuovo scrutinio complessivo.
«Come avviene dal 3 novembre 2002, l’Akp resta con un ampio margine» il primo partito, sottolinea in serata Erdogan prima di lasciare Istanbul per tornare al palazzo presidenziale di Ankara.
Al suo arrivo, per la prima volta da un quarto di secolo trova però una capitale sfuggita al controllo dei conservatori islamici. Una svolta nella politica turca. Con il 93% delle schede scrutinate, il candidato del socialdemocratico Chp Mansur Yavas viaggia deciso verso la vittoria e in nottata ha rivendicato il successo davanti a una folla in festa, tra fumogeni e bandiere della Turchia.
Negli stessi momenti a Istanbul si consumava una battaglia destinata a trascinarsi tra i veleni. La differenza tra l’ex premier Binali Yildirim ed Ekrem Imamoglu del Chp si calcola scheda su scheda: un conteggio che con il 98,78% dei seggi scrutinati resta bloccato fino a tarda notte a 4.443 voti di scarto.
La partita, che vale il controllo di un terzo del Pil turco, sembra comunque destinata a proseguire tra ricorsi incrociati. A livello nazionale, la coalizione di Erdogan resta sopra il 50%, ma in calo.
Il suo Akp è ancora il primo partito con circa il 45% e si fa forte anche del 6% abbondante ottenuto dagli alleati nazionalisti del Mhp. Ma per le opposizioni è comunque una boccata d’ossigeno. Il socialdemocratico Chp è sopra il 30% e la sua Coalizione con l’Ip di centro-destra si avvicina al 40%. Smirne, terza città turca e tradizionale roccaforte laica, resta saldamente nelle loro mani con Mustafa Tunc Soyer.
Alla coalizione di governo strappano tutta la fascia mediterranea, togliendo alla destra islamica e nazionalista Adana e Antalya, centri chiave per l’economia e il turismo.
Anche i curdi, che si erano concentrati sul sud-est del Paese, si riprendono molte città, compresa la loro capitale Diyarbakir, commissariata dal governo centrale insieme a un centinaio di altri Comuni con accuse di terrorismo per presunti legami con il Pkk.
Per la prima volta nella storia turca, un capoluogo di provincia - Tunceli, nell’est - sarà guidato da un comunista, Mehmet Fatih Macoglu. Il voto è stato accompagnato da gravi episodi di violenza soprattutto nel sud-est del Paese, spesso teatro di scontri tra clan rivali durante le elezioni, con almeno quattro morti e decine di feriti.
Numerosi anche gli osservatori invitati nella regione dall’Hdp, tra cui due italiane che sono state brevemente fermate e interrogate dalla polizia.
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