Un camion cisterna e due container messi di traverso sulle tre carreggiate del ponte di Las Tienditas sbarrano il confine tra la Colombia e il Venezuela. Così l’esercito di Nicolas Maduro ha chiuso l’accesso agli aiuti umanitari inviati dall’estero alla popolazione venezuelana, da mesi stremata dall’assenza di cibo e medicinali, e ora ostaggio di un braccio di ferro tra il presidente chavista e il leader dell’opposizione, Juan Guaidò, riconosciuto come presidente ad interim da diversi Paesi occidentali.
Il blocco del ponte - quando tutto in Colombia è pronto per far arrivare gli aiuti americani a destinazione - ha scatenato l'ira degli Stati Uniti, tra i primi donatori e i primi a riconoscere Guaidò come legittimo presidente ad interim.
«Il popolo venezuelano ha disperatamente bisogno di aiuti umanitari», ha twittato il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, aggiungendo poi in stampatello (l'equivalente sul web di alzare la voce): «Il regime di Maduro deve lasciare che gli aiuti raggiungano il popolo affamato!».
Sul ponte un giovane venezuelano di 22 anni ha innalzato un cartello e si è rivolto, gridando, ai militari: «Pensate alle vostre famiglie, fate entrare gli aiuti». Ma Maduro considera gli aiuti «un’elemosina» non richiesta e, soprattutto, teme che siano un cavallo di Troia in vista di un intervento militare statunitense.
«Uno show mediatico», ha ribadito oggi anche il suo ministro degli Esteri, Jorge Arraza, negando ancora una volta che in Venezuela ci sia una crisi umanitaria. Il governo di Maduro «nega la crisi umanitaria per un solo motivo: perché è il loro business», ha replicato Guaidò che ha promesso di insistere affinché gli aiuti possano arrivare «nei prossimi giorni».
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