Riaperto il confine fra Stati Uniti e Messico, nell’area fra Tijuana e San Diego. Lo annunciano le autorità americane. Il confine, al porto di ingresso di San Ysidro, era stato chiuso dopo che centinaia di migranti avevano cercato di entrare negli Stati Uniti.
Il Messico rimpatrierà il gruppo di migranti che ha cercato di superare il confine con gli Stati Uniti in modo violento e illegale. Lo afferma il ministro degli interni messicano, secondo quanto riportano alcuni media americani.
Il ministro dell’Interno messicano, Alfonso Navarrete, ha annunciato ieri sera che i migranti che hanno cercato di entrare illegalmente negli Stati Uniti attraverso il posto di frontiera di El Chaparral, fra Tijuana e San Diego, saranno rimpatriati.
«Una volta identificati - ha aggiunto - i responsabili del tentativo di ingresso in territorio statunitense saranno presi in consegna dall’Istituto nazionale delle migrazioni (Inm) e rimpatriati». Da parte sua l’Inm ha indicato di aver potuto contenere i quasi 500 centroamericani che hanno cercato di attraversare il confine grazie alla collaborazione delle autorità della Baja California.
«Nonostante la complessità del problema - ha inoltre reso noto il ministero dell’Interno messicano - e coerentemente con la politica interna di rispetto dei diritti umani e della non criminalizzazione del fenomeno migratorio, il Messico non dispiegherà forze militari al confine».
A ieri, il numero delle persone che compongono la cosiddetta Carovana dei migranti è di 8.247. Di queste, 7.417 si trovano in Baja California, ospitate in accampamenti fra Mexicali e Tijuana. Infine si è appreso che, di fronte a questa emergenza, il presidente eletto Andrés Manuel López Obrador, che si insedierà ufficialmente al potere l’1 dicembre prossimo, ha riunito il suo futuro governo.
Per il momento non vi sono informazioni sulle decisioni adottate, ma la futura ministra dell’Interno, Olga Sánchez Cordero, ha negato, come scritto dalla Washington Post, che esista un accordo con gli Usa perché il Messico svolga il ruolo di «terzo Paese sicuro» in attesa che le autorità nordamericane definiscano se accettare o meno le richieste di asilo dei migranti centroamericani.
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