Asia Argento risponde alle accuse di Bennett: "Mi fa pena, è un'anima persa, vorrei tornare a X Factor"
La cosa che in questi mesi «più mi ha ferita è stata quella di essere chiamata pedofila. Io ho dei figli, quello è uno stigma che non auguro a nessuno. Per la morte di Anthony, per tutto quello che è successo, non so come riesco stare in piedi». E’ una Asia Argento emozionata e a tratti commossa, quella che si presta all’intervista fiume di Massimo Giletti a Non è l’Arena, in onda stasera su La7 nella quale l’attrice e regista ha ribattuto alle accuse di Jimmy Bennett e ha ripercorso gli avvenimenti degli ultimi mesi. «Non sono sola, ho i miei figli che hanno sofferto tantissimo - dice -. Mio figlio ora sta vivendo negli Stati Uniti perché quando hanno iniziato a chiamarmi pedofila, prima che l’opinione pubblica iniziasse a cambiare idea su di me grazie a X Factor l'ho mandato dal padre. Avevo paura ci fossero contro di lui episodi di bullismo... non è un momento facile», aggiunge non trattenendo le lacrime. Quando Giletti le chiede cosa vorrebbe in questo momento lei risponde: «Vorrei tornare a X Factor, tornare a fare il mio lavoro, perché i miei figli sono fieri di me l’Italia mi vuole e non ho fatto niente di quello di cui sono accusata». E il conduttore si appella ad Andrea Zappia (amministratore delegato di Sky) «perché questo possa succedere». Vedere l’intervista a Bennett «mi ha fatto un pò arrabbiare ma mi ha fatto soprattutto pena. Perché mentre parlava i suoi occhi erano vitrei e non c'era nessuna espressione sul suo volto. L’ho visto come un bambino che poi non è riuscito a proseguire la sua carriera, un’anima persa». Elegante, in un lungo vestito nero, seria, decisa, appassionata, Asia Argento ribatte punto per punto alle accuse del giovane attore, portando anche 'provè a discolpa, come i messaggi che si era scambiata con il compagno, Anthony Bourdain ("Lui ha deciso che sarebbe stato meglio pagare Bennett, io invece non volevo perché erano menzogne") e la relazione di una psicoterapeuta, per alcune sedute di Emdr (Eye Movement Desensitization and Reprocessing), terapia per il superamento di traumi, fatte a luglio 2013, qualche mese dopo l’incontro con Bennett. Nel testo si legge che «una delle parti peggiori del ricordo per lei (Asia Argento) è che non avesse reagito per difendersi». E lei aggiunge: «Non mi ero difesa neanche nell’incontro con Weinstein, penso sia a causa di qualche trauma infantile». Ripercorrendo l’incontro con Bennett, Asia è tornata sul momento in cui «abbracciandoci, ha iniziato a baciarmi e toccarmi, non da bambino, da figlio, come lo vedevo io, ma come un ragazzo con gli ormoni impazziti. Questa cosa mi ha congelata. Lui mi è saltato addosso, mi ha messo sul letto, e con me ha avuto senza preservativo un rapporto completo. E' durato 2 minuti. Io non mi muovevo e non ho provato niente. Sconvolta, gli ho chiesto perché l’avesse fatto e mi ha detto che ero il suo desiderio sessuale da quando aveva 12 anni». Al momento del famoso selfie fatto da Bennett, «sono tornata alla realtà, ho capito di essere i suo trofeo, la milf di cui vantarsi», però «ho sbagliato, perché ho cercato di normalizzare la situazione». In seguito «Jimmy ha continuato a mandarmi su Snapchat (il social dove i messaggi si autodistruggono) immagini di lui nudo che si masturbava. Ero sconcertata, le ho mostrate anche a Anthony». E la commozione arriva quando parla del compagno, morto suicida a giugno: «Dopo la sua morte si è aperto un abisso, ho sentito la disperazione, il senso di colpa per non aver visto il suo dolore, lui non me l’aveva mai mostrato. Era lui che proteggeva me». Di Rain Dove, la compagna di Rose McGowan che ha diffuso i messaggi ricevuti dall’attrice italiana su Bennett, dice: «mi fa schifo, mi fa vomitare, è una persona senza scrupoli». Per Asia Argento, lei, Rose McGowan e Jimmy Bennett "sono persone affamate di denaro che non si fanno scrupolo degli altri esseri umani. E ho le prove di ciò che dico». Tornando alla denuncia della violenza subita da Weinstein spiega di aver deciso di farsi avanti «quando ho saputo da Ronan Farrow (autore dell’inchiesta sul New Yorker, ndr) che aveva fatto a 183 donne quello che aveva fatto a me». In questi mesi fra le attrici italiane «mi ha chiamato una sola, perché voleva che firmassi la lettera contro le molestie (quella del movimento di Dissenso comune, ndr). Io non l’ho fatto, era come una lettera di Babbo Natale, visto che non si facevano i nomi».