«Le sanzioni iraniane sono state lanciate ufficialmente. Queste sono le sanzioni più pungenti che siano mai state imposte e in novembre aumenteranno ancora ad un ulteriore livello. Chiunque faccia affari con l’Iran NON farà affari con gli Stati Uniti. Io chiedo la pace nel mondo, niente di meno!»: lo ha twittato questa mattina il presidente americano Donald Trump.
Tutto come previsto. Il tycoon mantiene la promessa fatta nel maggio scorso e fa scattare una prima ondata di sanzioni contro l’Iran, ripristinando alcune misure restrittive che erano state eliminate con l’accordo sul nucleare firmato da Barack Obama nel 2015.
Non solo: la Casa Bianca conferma che il 5 novembre arriverà la vera e propria stangata, con una stretta su settori strategici per l’economia iraniana, come quello petrolifero e quello bancario.
Ma, con una tattica oramai utilizzata su più fronti, il presidente americano da una parte affonda il coltello e dall’altra fa un’apertura al dialogo, dicendosi ancora una volta pronto ad incontrare il leader iraniano in qualunque momento.
Un’offerta respinta immediatamente al mittente: «I negoziati non vanno d’accordo con le sanzioni», ha risposto Hassan Rohani, parlando di «guerra psicologica» voluta dal tycoon. E chiedendo anche che gli Usa paghino per decenni di interferenze in Iran, a partire da colpo di Stato contro il premier Mossadeq nel 1953. I tempi della storica telefonata con Barack Obama, che aprirono la strada al disgelo, sembrano lontani anni luce.
Anche l’Europa ha ribadito tutte le sue perplessità sulla decisione Usa che rende ancor più profonda la frattura creatasi tra Washington e Bruxelles sul fronte della politica estera. Con scenari imprevedibili tra le due sponde dell’Atlantico che mettono a rischio un’alleanza storica. Anche perchè Trump ha più volte minacciato di colpire con sanzioni anche tutti i Paesi che continuano a fare affari con Teheran, alleati o non alleati.
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