I soccorsi procedono a gonfie vele. E' uscito dalla grotta Tham Luang anche il quarto ragazzo del gruppo di oggi, l'ottavo complessivo. Lo riferiscono media thailandesi. A questo punto, tra ieri è oggi sono usciti due terzi della squadra dei "cinghialotti". Mancano quattro ragazzi e l'allenatore, il loro recupero slitta a domani.
Nella conferenza stampa di quattro ore fa il responsabile dei soccorsi aveva parlato di "missione che verrà conclusa entro le 21" (le 16 in Italia), senza specificare però se si trattasse della missione complessiva o solo della seconda tranche delle operazioni di recupero, in vista di un rinvio per motivi logistici come quello di ieri.
Intanto, i quattro ragazzi usciti ieri dalla grotta Tham Luang sono ancora in isolamento nell’ospedale Prachanukroh di Chiang Rai e non hanno potuto vedere e riabbracciare i genitori. Lo ha specificato il responsabile dei soccorsi, Narongsak Osatanakorn, aggiungendo che comunque i ragazzi stanno bene e stamattina hanno chiesto di mangiare il piatto tipico thailandese «pad ka prao», ossia pollo e maiale al basilico dolce accompagnato da riso. Non è chiaro se la loro richiesta sia stata accolta.
Secondo i media thailandesi, le famiglie sono state tenute all’oscuro riguardo le identità dei primi ragazzi usciti. Se in serata il medico che li segue riterrà soddisfacenti le loro condizioni, un contatto con i genitori non è escluso, ma «senza baci e abbracci» per il timore di infezioni. E’ stata anche ventilata l’ipotesi di tenere madri e padri separati dai ragazzi tramite un pannello di vetro.
Una volta fuori dalla grotta in cui sono rimasti intrappolati per giorni i ragazzi thailandesi e il loro allenatore dovranno essere subito assistiti a livello psicologico, per individuare chi è più fragile e presenta già i sintomi del disturbo post-traumatico da stress, come un aumento dell’ansia, gravi alterazioni del ritmo sonno-veglia e disturbi al sistema nervoso. A dirlo è Massimo Di Giannantonio, presidente dei professori di psichiatria italiani.
«E' importante capire chi è più vulnerabile al trauma, in modo da predisporre una terapia ed evitare che il disturbo da stress post-traumatico si cronicizzi», precisa lo psichiatra. Il momento più traumatico che può averli segnati, secondo Di Giannantonio, è quello in cui «hanno avvertito il pericolo, la mancanza di speranza, il timore di diventare protagonisti di una tragedia senza ritorno», continua. Una volta che compaiono i primi sintomi del disturbo da stress post-traumatico, che possono essere «un aumento dell’ansia e dell’angoscia, gravi alterazioni del ritmo circadiano e del sistema nervoso, sottoposto ad esperienze altamente stressanti, bisognerà procedere alla terapia Emdr», cioè di desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari. Ci si focalizza sul ricordo dell’esperienza traumatica e, utilizzando i movimenti oculari o altre forme di stimolazione alternata destro/sinistra degli emisferi cerebrali, «alla fine si riesce a cancellare l’emozione negativa associata al ricordo - prosegue - Il trattamento dura al massimo tre mesi».
Per quanto riguarda le famiglie dei ragazzi, dovranno fare lo sforzo, conclude lo psichiatra, di «non diventare troppo iperprotettive e ansiose con i propri figli, nel timore che possa capitargli qualcos'altro all’improvviso. Bisogna evitare che la vita di questi ragazzi diventi piena di blocchi, limitazioni e insicurezze».
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