Colpo da ko, o quasi, per il governo conservatore britannico di Theresa May: il ministro per la Brexit, David Davis, elemento chiave della compagine, ha fatto annunciare stanotte le sue dimissioni dall’incarico in polemica con la svolta verso un negoziato più soft con l’Ue strappata in questi giorni dalla premier. Davis, esponente di punta della corrente Tory euroscettica, ha deciso, dopo qualche giorno di riflessione, di non poter evidentemente accettare la nuova strategia più 'conciliante' nei confronti di Bruxelles che May aveva imposto al consiglio dei ministri solo venerdì scorso. Le dimissioni del ministro, in attesa dell’ufficializzazione di Downing Street e della nomina di un sostituto, sono state confermate dalla Bbc e da tutti i media del Regno Unito. Davis, 69 anni, finora responsabile per il governo britannico dei negoziati sul divorzio con l’Ue, aveva sottoscritto venerdì - come tutti gli altri ministri - il compromesso proposto da Theresa May per cercare di sbloccare le trattative con Bruxelles: compromesso sgradito ai 'brexiteers' ultrà del suo stesso partito, considerato da qualcuno alla stregua di un 'tradimento' del risultato del referendum del 2016 e improntato a un’apertura sull'ipotesi di creazione di un’area di libero scambio post Brexit - con regole comuni - almeno per i beni industriali e per l’agricoltura, oltre che alla definizione di nuove intese doganali con l’Ue. Concessioni interpretate da diversi deputati della corrente dei falchi come un cedimento, ma su cui inizialmente la premier sembrava aver ricomposto una sia pur fragile unanimità in seno al gabinetto, ora rotta da Davis. L’uscita di scena del ministro per la Brexit rischia di essere in effetti l’inizio di un effetto domino (il primo a seguire potrebbe essere il titolare degli Esteri, Boris Johnson) in grado di mandare in pezzi l'esecutivo, la maggioranza e la compattezza del Partito Conservatore. Con tanto di scenario incombente di elezioni anticipate. E le reazioni non si sono fatte attendere. Dal fronte dei 'brexititeers', plausi al gesto «coraggioso e da uomo di principi» di Davis arrivano a tamburo battente da deputati come Peter Bone, Andrea Jenkyns e Harry Smith, mentre molti osservatori danno già per scontata una sfida imminente alla leadership Tory della May. Da quello dell’opposizione laburista di Jeremy Corbyn - indicata in corsia di sorpasso in caso di ritorno alle urne da un ultimo sondaggio pubblicato giusto ieri - si guarda invece apertamente a questo punto allo sbocco ravvicinato di un possibile nuovo voto entro pochi mesi. «Il Partito Conservatore è ormai nel caos», commenta fra gli altri il presidente del consiglio nazionale del Labour, Ian Lavery. Né manca chi, dalla trincea dei 'remainer' più irriducibili, rilancia alla fine di tutto il processo anche lo scenario di un referendum bis sulla Brexit. Sognando la rivincita.