L’Italia si presenta al vertice europeo compatta e pronta a giocarsi la carta estrema del veto se non verrà messo nero su bianco che tutti i Paesi dovranno condividere la responsabilità dei salvataggi in mare dei migranti. Il 'modello Lifeline' non dovrà restare un unicum, ma diventare un caso spartiacque.
Del resto il premier Giuseppe Conte, riferendo in Parlamento prima di partire per Bruxelles, lo ha detto chiaramente: sui migranti «sono in gioco i valori dell’Europa unita». Se i 27 non dimostrano solidarietà e condivisione, salta tutto.
Il governo mostra i muscoli, dunque, e per ridimensionare l'allarme-populismo più volte lanciato da diversi leader europei, Macron in testa, precisa subito che «l'Italia farà la sua parte» e che l’esecutivo gialloverde, nonostante le differenze emerse in più occasioni nella sua compagine, questa volta arriva a Bruxelles compatto e pronto a parlare «con una voce sola, ferma e risoluta». Lo ha scandito chiaramente ieri Conte, prima alla Camera e poi al Senato, aggiungendo che il vertice arriva in un momento in cui «è sempre più evidente l’urgenza di rispondere agli aspetti reali della vita del cittadino con proposte concrete, senza tentennamenti e paure». Lo ha ribadito anche Matteo Salvini: «Abbiamo finalmente una proposta italiana. Sarà il Consiglio europeo dove l’Italia va a sottoporre agli altri le sue proposte, non a commentare quelle degli altri. Questo è un cambiamento radicale mai vissuto negli ultimi anni».
Uniti dunque sugli obiettivi, mentre resta il doppio binario sulla comunicazione, quello più pacato e incline alla trattativa di Conte e quello più bellicoso del leader del Carroccio dall’altra. Che è tornato ad attaccare il presidente francese. «Macron fa il matto perché è ai minimi della popolarità nel suo Paese - ha detto - la carezza al Papa è una cosa che non si è mai vista». Poi ancora in un’intervista alla Cnn: «Macron parla di valori, ma è lui stesso il primo a non riconoscerli e perciò non ha lezioni da dare all’Italia».
Ma l’obiettivo di fondo dell’Italia è quello di aggirare il regolamento di Dublino, definito da Conte «inadeguato», visto che è ormai chiaro, come hanno sottolineato fonti europee, che da questo vertice non usciranno novità su una sua riforma. Non potendolo cambiare subito, la strategia è quella di superarlo di fatto, com'è successo ieri a Malta.
Alzando il tiro, prima di tutto con la minaccia del veto, ma anche su altri dossier, come quello russo, con la decisione dell’Italia di chiedere il ripristino dei finanziamenti delle piccole e medie imprese da parte della Bei. Mostrandosi al contempo pronta, come in tutte le trattative, ad allentare la presa su alcuni temi cruciali per i partner europei, come i movimenti secondari, sui quali la Merkel si gioca il governo. Ma anche sui centri chiusi per migranti, a patto che vengano creati pure in altri paesi, come Spagna e Grecia.
Una trattativa serrata nella quale le concessioni, nell’idea del governo, dovranno essere adeguatamente bilanciate con aperture anche su altri dossier, partendo dal bilancio Ue e dall’utilizzo dei fondi sociali europei da destinare al reddito di cittadinanza.
Se sui diversi temi in aula dopo l’intervento di Conte le critiche al governo non sono mancate, sulla necessità di superare il regolamento di Dublino l’accusa è stata piuttosto quella di aver scoperto l’acqua calda. «Io lo dicevo nel 2015 che andava cambiato il regolamento e proponevo la ricollocazione dei migranti», ha detto Renzi parlando con i giornalisti al Senato e ricordando che allora «Lega e 5 Stelle in Europa votarono contro queste scelte».
Per chiudere la lunga giornata che precede il primo vertice europeo di Conte - il 30 luglio volerà invece a Washington per incontrare Trump - il governo gialloverde ha deciso di affidare le replica dopo il dibattito alla Camera e al Senato al ministro più temuto dall’Europa e dai mercati: Paolo Savona. Che, parlando per la prima volta dalla sua nomina, ha assicurato che "il governo sta scrivendo una nuova storia, conducendo una battaglia civile»
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