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Conte blocca il vertice europeo: "Veto senza intesa su migranti"

Giuseppe Conte

Nulla è concordato, fino a quando tutto è concordato. Il premier Giuseppe Conte prende in ostaggio le conclusioni del vertice europeo e minaccia il veto: o troviamo un accordo sulla responsabilità condivisa sugli sbarchi dei migranti, ed i 500 milioni di euro per il Fondo fiduciario per l’Africa, o l’Italia mantiene la riserva sull'intero documento.

La mossa del premier fa saltare la conferenza stampa dei presidenti del Consiglio Donald Tusk, e della Commissione Jean-Claude Juncker, che a fine giornata avrebbero dovuto annunciare i primi risultati della riunione. L’Italia mostra così i muscoli in una partita in cui la cancelliera Angela Merkel può essere un avversario o diventare l’alleato. La fiche di scambio è la collaborazione sui movimenti secondari, che dai Paesi di primo ingresso risalgono verso il nord Europa. Una delle poste in gioco: la partecipazione a Schengen. Senza unità su solidarietà e responsabilità, il piano B della cancelliera è andare avanti con una coalizione di volonterosi. Chi non ci sta, sarà fuori dallo spazio Schengen.

Avvolta da una giacca verde speranza, arrivando al summit Merkel cerca con lo sguardo l’alleato Emmanuel Macron. Sorride. Lo abbraccia. In tasca ha l’ultimatum del suo ministro falco Horst Seehofer. La sua mission è trovare una soluzione ai movimenti secondari dei migranti. Deve strappare un risultato, fosse anche solo alla testa di una «coalizione di volenterosi», come lei stessa rilancia, perché questa volta la tenuta del suo governo è a rischio. I suoi alleati nella partita sono il presidente francese e il premier spagnolo Pedro Sanchez, ma anche il greco Alexis Tsipras, che nelle ultime ore ha fatto una netta apertura.

Prima di sedersi al tavolo, Merkel incontra in un faccia a faccia l’altro grande protagonista della sfida, Conte, al suo debutto in un impeccabile abito blu, preparato a tenere il punto sulla necessità di andare oltre Schengen, con scelte pragmatiche, sul modello di quanto già avvenuto con le navi Aquarius e Lifeline. Conte arriva a Bruxelles col piano in dieci punti già presentato al minisummit di domenica, e preme anche per ottenere garanzie sui soldi che mancano dal Fondo fiduciario per l’Africa, pena mantenere la riserva sul finanziamento della seconda tranche da tre miliardi sull'accordo Ue-Turchia, per i flussi sui Balcani occidentali. «Oggi capiremo se davvero l'Europa vuole gestire in maniera solidale il fenomeno migratorio. Compromessi al ribasso non li accetteremo», mette in guardia il premier. E avverte: «Se questa volta non dovessimo trovare disponibilità da parte degli altri paesi europei, potremmo chiudere questo Consiglio senza approvare conclusioni condivise». Tanto che in serata si rifiuta di dare il suo ok sui vari capitoli finché tutta la partita non sarà conclusa.

Anche Macron, che in Francia è morso ai fianchi da Marine Le Pen, e da settimane è in rotta di collisione col ministro dell’Interno Matteo Salvini, cerca un incontro con Conte ma i tempi sono troppo stretti e il faccia a faccia non si fa. Il capo dell’Eliseo avvisa: «L'alternativa è semplice. Vogliamo soluzioni nazionali o soluzioni europee di cooperazione? Io difendo soluzioni europee». E il socialista Sanchez invita l'Italia ad abbassare i toni: «I discorsi incendiari possono essere efficaci in termini elettorali, ma non lo sono come risposta a questi drammi».

Lo scenario è complesso. Macron tenta una mediazione in un incontro con i quattro Paesi Visegrad. E Tusk invita ad accordarsi sulle proposte che lui ha messo sul tavolo, principalmente le piattaforme regionali di sbarco nei Paesi terzi, perché altrimenti «vedrete alcune proposte davvero dure da parte di alcuni tipi davvero duri», alludendo alla rivoluzione copernicana che la prossima presidenza austriaca del conservatore Sebastian Kurz e dell’esponente dell’ultradestra Heinz Christian Strache hanno annunciato, già a partire dalla prossima settimana.

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