La sintonia registrata a Parigi tra Conte e Macron riporta alla ribalta la creazione di hotspot a gestione europea nei luoghi di partenza dei migranti. L’idea di allestire centri in cui far convergere i migranti ed effettuare lo screening delle loro richieste di asilo evitando così le partenze "clandestine" in verità non è nuova. Proprio Macron, lo scorso luglio, aveva parlato della creazione di hotspot in Libia, salvo poi fare retromarcia di fronte alle reazioni irritate di Bruxelles e Roma.
Ma il clima politico, in Italia e nell’Unione, è mutato e la coalizione gialloverde sembra ora correre in questa direzione, pronta a far planare un nuovo progetto per la riforma del regolamento di Dublino sul tavolo dei leader al Vertice europeo del 28 e 29 giugno, quando si tornerà a duellare sul terreno della migrazione, campo minato che rischia di mettere in discussione l’intero progetto di Unione. Esprimendo il suo consenso sull'ipotesi italiana, il capo dell’Eliseo ha sottolineato la necessità di una revisione «profonda» delle regole di Dublino.
Lo stesso cancelliere austriaco, il conservatore Sebastian Kurz (che dal primo luglio siederà sulla poltrona della presidenza di turno del Consiglio Ue), insiste fin da quando era ministro degli Esteri nel governo di larghe intese di Christian Kern sulla necessità di creare centri dove dirottare i migranti in viaggio verso l’Europa. Ed è al lavoro con un gruppo di colleghi, tra cui il liberale danese Lars Lokke Rasmussen, per «muovere il primo passo già quest’anno», con un campo pilota da realizzare forse in Kosovo o in un’altro Paese balcanico. Un’idea sostenuta anche dal segretario di stato all’Asilo belga, il nazionalista fiammingo Theo Francken, che gli hotspot li vorrebbe in Tunisia, e dal premier ungherese Viktor Orban, da sempre per la linea dura contro i migranti. Posizioni, quelle espresse da Italia, Austria, Belgio e Danimarca su cui pare convergere anche il ministro dell’Interno tedesco, il "falco" Horst Seehofer, in rotta di collisione con la cancelliera Angela Merkel sui respingimenti al confine.
Intanto a Bruxelles si lavora per riuscire a mettere sul tavolo del summit Ue in programma a fine mese un documento che rappresenti almeno una base per la discussione sulla riforma del regolamento di Dublino. Dopo che la proposta della presidenza bulgara è stata colpita e affondata dai ministri dell’Interno nella riunione di Lussemburgo a inizio mese, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk da lunedì sarà nelle principali capitali dell’Unione - a Roma forse mercoledì - per misurare gli umori dei leader e vedere come orientare il dibattito al summit. E lo stesso presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, instancabile nell’invocare «la necessità di un accordo che abbia l'imprinting europeo», martedì sarà in Germania per incontrare Merkel e Macron.
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