
Donald Trump concede all’Europa altri 30 giorni per trattare. Il presidente americano estende all'1 giugno il termine ultimo per l’imposizione dei dazi sull'alluminio e l’acciaio, rimandando di fatto la decisione sulla loro entrata in vigore e potenzialmente posticipando una guerra commerciale.
L’annuncio della Casa Bianca arriva a poche ore dalla scadenza del primo maggio, data inizialmente indicata per l'entrata in vigore di dazi del 25% sull'import di acciaio e del 10% su quello di alluminio. L’estensione delle trattative riguarda non solo l’Ue ma anche il Canada e il Messico, con i quali gli Stati Uniti sono impegnati a rivedere l’accordo di libero scambio del Nafta.
«L'amministrazione ha raggiunto un accordo definitivo con la Corea del Sud per l’import di acciaio. E ha raggiunto - si legge in una nota della Casa Bianca - accordi di principio con Argentina, Australia e Brasile, i cui dettagli saranno finalizzati a breve. L’amministrazione estende le trattative con Canada, Messico e Unione Europea per altri 30 giorni. In tutte queste trattative, l’amministrazione è concentrata su quote che frenano l’import e tutelano la sicurezza nazionale. Questi accordi mettono in evidenza la strategia di successo dell’amministrazione Trump nel raggiungere risultati con gli alleati tutelando la nostra sicurezza».
Per l’Ue si tratta di una 'concessione' temporale importante per tentare di arrivare all’obiettivo di un’esenzione permanente dai dazi. Il deficit commerciale degli Stati Uniti con l’Ue è balzato dai 17 miliardi di dollari del 1997 ai 151,4 miliardi del 2017. Un rosso causato dalle importazioni manifatturiere dalla Germania: solo lo scorso anno gli Usa hanno acquistato 117,7 miliardi di prodotti Made in Germany, il 27% delle totali importazioni dall’Ue. Nelle ultime settimane l’Ue ha lavorato per centrare il suo obiettivo con le missioni americane del presidente francese Emmanuel Macron e della cancelliera tedesca Angela Merkel.
Le trattative sono andate avanti fino all’ultimo minuto, con colloqui telefonici fra i rappresentati Ue e funzionari dell’amministrazione americana. Parigi, Berlino e Londra hanno fatto fronte comune con un ultimatum a Washington. Una mossa vista con scetticismo dal ministro dello sviluppo economico, Carlo Calenda. «Non spetta a me, ma io non avrei sottoscritto» l’ultimatum a Trump deciso da Macron, Merkel e May "e non perché sono a favore dei dazi, ma perché bisogna tenere i toni molto bassi e stare molto attenti a non costruire una situazione che rischia di sfuggirci di mano» ha detto Calenda nelle ultime ore, lasciando comunque intravedere come aperti i margini della trattativa erano ancora aperti. «Potrebbe anche arrivare un’altra proroga» aveva detto. E così è stato: l’Ue ha altri 30 giorni.
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2 Commenti
Un su chiari sti riscussi
01/05/2018 09:35
Bastava fare proprio questo anziché fare spopolare i cinesi in casa ns e fare fuggire tutti gli imprenditori all estero. Ma L italia si sa è il paese delle opportunità per gli altri
Penna acida (Alias 1°)
01/05/2018 16:29
STI RISCUSSI, purtroppo SU CHIARI: lasciando perdere i miseri numerelli che ci riguardano tipo i cinesi o il nostro ridicolo pil, osservi solamente che i migliori cervelli del Mondo non sanno quali e quanti risultati avrà questa folle rincorsa dei dazi, ma il peggio sta nel fatto che chi ha acceso la miccia per futili motivi non ne capisce NULLA! ad es. quasi tutta la componentistica elettronica delle auto statunitensi è di importazione italo/franco/tedesca, gli Usa sono obbligati ad importarla ma l'hanno tassata .... Quindi? vi sono tanti altri campi dove Trump si sta facendo danni DA SOLO e non lo capisce. ci pensi, potrebbe colpire anche le NOSTRE esportazioni: non abbiamo nulla da copiare da uno così!
Penna acida (Alias 1°)
01/05/2018 16:23
Continua a stuzzicare l'Iran attraverso Israele (che possiede armi atomiche) giocando in uno scacchiere del quale non capisce NULLA DEL TUTTO, contemporaneamente "giooca" col pericolosissimo assetto dei dazi che col tempo dovrebbero soltano scendere senza capire, ancora una volta, NULLA di quel che fa. avvertito dai più grandi Economisti preoccupati da risultati imprevedibili da mente umana si nasconde dietro "America first" sembra uno di quei praticoni che mette mano ad nella complicatissima centralina di iniezione di un dodici cilindri senza sapere come andrà a finire!