BRUXELLES. Le fake news sono «una minaccia reale alla stabilità e alla coesione» dell’Europa, soprattutto in vista delle elezioni europee del prossimo anno. E questa proviene spesso da «attori esterni», come per esempio la Russia, la cui «la dottrina militare riconosce esplicitamente la disinformazione nella sua strategia di guerra», ha ricordato il commissario Ue alla sicurezza Julian King. E’ quindi necessario agire in fretta per invertire la tendenza sui social media, da Facebook a Twitter, diventati il terreno più fertile per la loro diffusione, e puntare sul giornalismo di qualità aiutando i media tradizionali, il cui modello economico è in crisi, a continuare a svolgere la loro missione informativa. E’ il piano d’azione messo a punto dalla Commissione europea, determinata ad agire ancora più rapidamente dopo lo scandalo Facebook-Cambridge Analytica e che, realizzato il peso degli algoritmi dal marketing politico a quello economico, ha messo a punto anche un giro di vite per le piattaforme commerciali, da Booking ad Amazon, per obbligarle alla trasparenza nella visualizzazione dei risultati delle ricerche. Bruxelles ha previsto azioni su tre fronti. Primo, la definizione entro luglio di un Codice di buone pratiche anti fake news che Facebook &Co dovranno applicare da subito - anche se non giuridicamente vincolante - e che verrà preparato da un forum composto dalle stesse piattaforme, dall’industria pubblicitaria, dai media e dalla società civile. A ottobre scatterà la prima verifica, e se entro dicembre non ci saranno miglioramenti allora potrebbero essere avviate procedure legislative vere e proprie. I social, raccomanda la Commissione, dovranno monitorare il fenomeno del click-baiting, ridurre il marketing politico, assicurare la trasparenza dei contenuti e chiudere i falsi profili. Secondo fronte, la creazione prima dell’estate di un rete europea indipendente di fact-checker e a settembre di una piattaforma europea sulla disinformazione, più misure a sostegno del giornalismo di qualità. Tra queste, fondi Ue per chi produce notizie basate sui dati e l’invito ad assegnare finanziamenti pubblici a chi fa informazione affidabile, per la formazione giornalistica e la realizzazione di prodotti innovativi. Terzo fronte, le piattaforme commerciali. Gli algoritmi che determinano il ranking dei risultati, dai biglietti aerei agli hotel, da un’app a un paio di scarpe - e quindi la loro visibilità in cima alle pagine di ricerca - dovranno essere trasparenti per le imprese che pagano i servizi forniti da eBay a Google Shopping. Comparire in cima alla lista dei risultati o meno influenza infatti la scelta dei consumatori. Critiche, però, sono già arrivate proprio da consumatori e società civile, secondo cui Bruxelles è stata troppo timida nel suo approccio. Per il Beuc, infatti, non viene scalfito il modello economico dei social basato sul click-baiting mentre l'ong Avaaz chiede di «escluderli» dalle decisioni sul Codice di condotta. «Le piattaforme dovrebbero assumersi la responsabilità contro la disinformazione», ha quindi sottolineato il presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani. «Abbiamo messo in piedi un piano d’azione in anticipo rispetto alle elezioni europee per essere sicuri che nessuno interferisca», ha assicurato King difendendo la scelta dell’autoregolamentazione perché «più rapida ed efficace». «Non vogliamo un Ministero della verità», ha concluso la commissaria al digitale Mariya Gabriel, «la libertà d’espressione è al centro dei nostri valori».