NEW YORK. "Immorale, prepotente, e non legato in alcun modo alla verità": così James Comey, descrive Donald Trump nel suo libro che uscirà la prossima settimana e di cui i media americani danno ampie anticipazioni. Oltre 300 pagine di memorie di memorie intitolate «A Higher Loyalty: Truth, Lies and Leadership» in cui l’ex numero uno dell’Fbi si toglie più di un sassolino dalle scarpe, dopo essere stato licenziato in tronco dal presidente americano nel maggio del 2017 per non essersi piegato al suo volere: quello di chiudere in fretta le indagini sul Russiagate.
Comey paragona l’atteggiamento di Trump per ottenere lealtà nei suoi confronti a quello di un vero proprio boss mafioso: «Un boss in completo controllo», circondato da una cerchia di persone che lo assecondano in silenzio, vincolati a un giuramento di fedeltà.
«La sua leadership è guidata esclusivamente dall’ego», scrive l'ex capo del bureau investigativo, spiegando come fin dal primo incontro che ebbe col tycoon, alla Trump Tower nel gennaio del 2017, Trump sembrò «ossessionato» da un dossier in particolare: quello in cui l’ex spia britannica Christopher Steel afferma come Mosca abbia in mano materiale per ricattare il presidente americano. Materiale che scotta, come incontri con prostitute in un hotel di Mosca nel 2013. In particolare - spiega Comey - Trump gli chiese di indagare sul presunto video in cui il tycoon veniva ripreso nella camera d’albergo dove alcune prostitute urinavano sul letto dove avevano dormito Barack e Michelle Obama.
«Lo deve fare per rassicurare mia moglie Melania», disse Trump secondo il racconto di Comey: «Negò con forza quelle accuse. Vi sembra che sia un ragazzo che ha bisogno di andare con le prostitute, disse. Poi cominciò a parlare di tutti i casi in cui diverse donne lo accusano di molestie sessuali». Un tycoon molto agitato, dunque, tanto che Comey a un certo punto lo interruppe: «Non siamo qui per indagare su di lei presidente». «E lui sembrò calmarsi», spiega l’ex capo dell’Fbi.
Alto oltre due metri, Comey racconta come in quel primo incontro Trump gli sembrò «più basso» di quanto avesse immaginato, «con una cravatta troppo lunga e due mezzelune bianche sotto gli occhi che lasciavano capire l’uso di occhialini durante l’abbronzatura». L’ex capo dell’Fbi parla anche delle dimensioni delle mani del tycoon, notando come siano più piccole delle sue. In campagna elettorale Trump aveva replicato ai detrattori: «Le mia mani non sono piccole, e nemmeno altro».
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