NEW YORK. Nuova stretta in arrivo sui visti negli Stati Uniti, con l'amministrazione Trump che stavolta si appresta a mettere nel mirino i social media. A chi vuole entrare nel Paese verrà chiesto di consegnare le chiavi di accesso ai propri profili Facebook, Twitter, Google.
Le autorità potranno così ricostruire tutta la storia online di una persona e verificare, per esempio, eventuali segnali di di radicalizzazione o attività di proselitismo. La misura, contenuta in una serie di nuove regole messe a punto dal Dipartimento di Stato, non riguarderà i cittadini di Paesi amici come l'Italia, la Francia, la Germania, il Regno Unito, il Giappone, la Corea del Sud o il Canada.
Ma interesserà una platea ben più ampia rispetto all'ipotesi iniziale: quasi 15 milioni di persone. Si applicherà infatti non solo a chi fa richiesta di un visto di immigrazione, ma anche chi vuole entrare negli Usa per turismo o per motivi di studio e di lavoro.
Interesserà dunque anche Paesi come Brasile, Cina, India e Messico. Nessun social media sarà trascurato: anche Instagram, Flickr, LinkedIn, Reddit, Youtube. Poi i siti cinesi Douban Sina Weibo o Youku, e il network russo VK. I controlli 'rafforzati' pero' non si limiteranno solo alle informazioni contenute su queste piattaforme.
Le autorità americane chiederanno ai richiedenti il visto anche i numeri dei vecchi passaporti, i vecchi numeri di telefono e l'accesso agli indirizzi email. I richiedenti dovranno anche presentare i documenti dei precedenti viaggi e riportare se siano mai stati espulsi dagli Usa o se abbiano violato le leggi sull'immigrazione. Saranno chieste anche informazioni sui parenti per verificare se ci sia qualcuno coinvolto in attività terroristiche.
"Dobbiamo adeguarci alle nuove minacce", sottolinea il Dipartimento di stato, spiegando come le nuove procedure e i nuovi controlli serviranno per avere la massima certezza sulla identita' di chi entra negli Usa. Ma le associazioni per la difesa dei diritti civili non ci stanno: "Questo tentativo di raccogliere in maniera massiccia informazioni personali sui social media - afferma l'American Civil Liberties Union - è un piano inefficace e profondamente problematico, che viola i diritti degli immigrati e dei cittadini Usa, colpendo la libertà di parola e di associazione, con le persone che d'ora in poi dovranno stare attente a non pubblicare online cose che potrebbero essere male interpretate e fraintese dal governo".
Critiche anche da Facebook, in queste settimane nell'occhio del ciclone per lo scandalo della raccolta dei dati personali sulla sua piattaforma: "Ci opponiamo a ogni sforzo teso a costringere i viaggiatori a svelare le informazioni dei loro profili personali, comprese le password".
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