LONDRA. Non c'è «una spiegazione plausibile alternativa», quindi è colpa della Russia. In tribunale il ragionamento forse zoppicherebbe, ma sulla scena internazionale battuta da nuovi venti di bufera basta e avanza a Usa, Francia e Germania per fare blocco con il Regno Unito e puntare il dito contro Mosca per l’atroce attacco chimico perpetrato a Salisbury contro l’ex spia russa Serghei Skripal e sua figlia Yulia. Un attacco che nella dura dichiarazione a 4, chiesta e ottenuta da Londra, viene condannato come «la prima offensiva con uso di un agente nervino in Europa dalla II guerra mondiale», «violazione del diritto internazionale», «aggressione alla sovranità" britannica, «minaccia alla sicurezza di noi tutti». Se alle parole seguissero i fatti, il prossimo passo dovrebbe essere la mobilitazione generale degli eserciti. Ma per ora, in effetti, la guerra è diplomatica e di parole. Le ritorsioni anti-russe annunciate ieri dalla premier Theresa May (23 diplomatici espulsi, misure restrittive per funzionari e oligarchi considerati vicini a Vladimir Putin, stop ai contatti governativi di alto livello, boicottaggio dei Mondiali di Russia 2018 da parte dei dignitari del Regno) precedono le inevitabili contromosse del Cremlino: «Risponderemo senza dubbio» all’espulsione di 23 diplomatici russi per il caso dell’ex colonnello Serghei Skripal. Lo ha ribadito il ministro degli Esteri russo Serghie Lavrov. «Certo, li espelleremo», ha detto. Il ministro - come riporta Interfax - ha tuttavia rifiutato di specificare il numero esatto dei diplomatici dell’ambasciata britannica che verranno espulsi. I numeri e il contesto non sono d’altronde da ordinaria amministrazione. Anzi, sono senza precedenti nel Vecchio Continente dalla fine del comunismo se si considera che Londra reagì nel 2006 alla morte di Aleksandr Litvinenko per contaminazione radioattiva al polonio con non più di quattro espulsioni. Segnalano un’escalation. La dichiarazione quadripartita ne è un ulteriore indizio, per quanto Emmanuel Macron e Donald Trump vi siano stati trascinati: il primo dopo che un suo portavoce aveva domandato alla Gran Bretagna prove più convincenti della semplice assenza d’alternative o della mancata risposta di Mosca alla richiesta di "chiarimenti" presentata da May in forma di ultimatum; il secondo a dispetto delle insistenti cautele a colpi di «sembra che siano stati i russi». In ogni modo carta canta. Nero su bianco, i partner promettono di allinearsi al Regno anche sul fronte delle sanzioni concrete, non senza ingiungere alla Russia di «fornire all’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac) una piena e completa informazione sul programma novichok»: micidiali tossine concepite nei laboratori sovietici su cui sarebbe stata modellata la sostanza sparsa a Salisbury, a conferma di quella che l’intelligence di Sua Maestà accredita come una sorta di 'firma' russa. Theresa May - che da questa vicenda ottiene un temporaneo guadagno politico ancor più evidente di Vladimir Putin, incamerando consensi da lei mai visti in Parlamento e lasciando di sfondo l’impasse sulla Brexit - esalta il «successo diplomatico» di queste ore. In visita a Salisbury, dove prova a rassicurare la cittadinanza, parla di "fronte comune» fra gli alleati contro Mosca, sul caso Skripal come su altre «azioni e interferenze», citando inoltre una piena unità d’intenti con quell'Ue che Londra si appresta a lasciare, ma soprattutto con la Nato. La quale ultima si dichiara toto corde solidale, per bocca del segretario generale, Jens Stoltenberg, pur dicendo 'no' a una nuova guerra fredda. Guerra fredda rispolverata invece dal rampante ministro della Difesa britannico, Gavin Williamson, super falco del momento accanto a Boris Johnson, che evoca compiaciuto addirittura una temperatura «gelida», annuncia un nuovo centro nazionale per la guerra chimica, chiede più spese militari e intima alla Russia di «levarsi di torno e tacere». Toni ai limiti «dell’isteria», lo snobba Lavrov, accusando i britannici di celare dietro una retorica da bulli la mancanza di «prove» vere sui fatti di Salisbury. E di strumentalizzare l’accaduto al fine d’insabbiare per un pò i guai casalinghi della Brexit. Sospetti condivisi in parte da Richard Sakwa, professore all’università del Kent e fra i massimi esperti di Russia nel Regno: che a SkyNews si domanda perché mai i campioni di agente novichok non vengano condivisi a livello internazionale, come sollecita Mosca.