BARCELLONA. Una nuova giornata buia per la Catalogna ribelle: per ordine di un gip del Tribunale Supremo di Madrid passa la notte nel carcere di Alcalà anche la presidente del Parlament catalano Carme Forcadell, accusata di 'ribellione' e 'sedizione' - rischia fino a 30 anni di carcere - per avere posto ai voti risoluzioni sull'indipendenza della regione ribelle.
La decisione è stata presa dal gip Pablo Llarrena al termine di una giornata di interrogatori dei membri della presidenza dell’assemblea catalana. Il magistrato ha ordinato per Forcadell il carcere preventivo, dal quale potrà uscire se e quando pagherà una cauzione di 150mila euro.
Un altro deputato, non sovranista, è stato lasciato in libertà, gli altri 4 dovranno pagare una cauzione di 25mila euro entro una settimana per evitare il carcere. Un termine che è stato negato a Forcadell, principale autorità eletta della Catalogna fino ad oggi a piede libero.
Il vicepresidente catalano Oriol Jinqueras è in carcere con sette membri del Govern destituito. Il presidente Carles Puigdemont, inseguito da un ordine di arresto spagnolo, con richiesta di estradizione, è 'in esiliò a Bruxelles con 4 ministri. Tutti sono accusati di «ribellione» e «sedizione» per avere cercato di portare avanti pacificamente il progetto politico della indipendenza catalana.
Il provvedimento nei confronti di Forcadell, 62 anni, decapita definitivamente le istituzioni democraticamente elette della Catalogna. Una misura punitiva secondo i catalani. Da 20 anni, rileva Tv3, vicina agli indipendentisti, il Tribunale supremo non mandava in detenzione preventiva una politico con immunità. Giovedi scorso la giudice della Audiencia Nacional di Madrid Carmen Lamela aveva mandato in prigione otto membri del governo catalano destituito da Madrid e chiesto l’arresto di Puigdemont e dei 4 ministri con lui in Belgio.
Ma il 'President' non si arrende: con mezzo Govern già in prigione, 'esulè a Bruxelles con la minaccia di una estradizione verso la Spagna, Puigdemont oggi ha annunciato la creazione di una struttura di «governo legittimo» in esilio. Un annuncio che interviene mentre la morsa di Madrid è sempre più stretta. Oggi Lamela ha negato la rimessa in libertà di Junqueras e dei sette ministri in carcere a Madrid. Dall’ 'esiliò belga Puigdemont si è scagliato non solo contro «la decadenza democratica dello Stato spagnolo» ma anche contro «gli abusi di una Ue che ha appoggiato in maniera vergognosa le azioni repressive spagnole».
La situazione della Catalogna dopo il duro commissariamento scatenato da Madrid all’indomani della dichiarazione di indipendenza del 27 ottobre, con una parte del Govern in carcere, l’altra in esilio e il parlamento chiuso «è chiaramente contraria allo Stato di diritto e all’ordinamento europeo», ha detto. Le denunce di Puigdemont non hanno per ora scalfito l'allineamento dei governi europei e dell’Ue sul premier spagnolo Mariano Rajoy.
L’opinione pubblica, o almeno parte di essa, sembra più sensibile alla pacifica 'rivoluzione dei garofani' catalana. Il Times di Londra ha denunciato «I prigionieri di Rajoy», la teorica dell’anti-globalizzazione la canadese Naomi Klein ha definito «scioccante» e «sproporzionato» l’arresto di mezzo governo catalano. «Che succederebbe se il Canada arrestasse il governo del Quebec? Sarebbe la fine del paese».
Davanti alla fortissima pressione di Madrid indipendentisti e 'unionisti' preparano la grande sfida nelle urne del 21 dicembre che dovrà chiarire da che parte stia la Catalogna. Rajoy oggi ha invitato i catalani a votare «in massa». Puigdemont, nonostante il fallimento delle trattative fra i partiti sovranisti per una lista unica, ora chiede una «lista del Presidente» con tutti i "detenuti politici».
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