ROMA. Un nuovo naufragio allunga ancora la serie infinita di vittime di migranti nel Mediterraneo centrale: dopo i sette cadaveri recuperati la scorsa settimana su un gommone e le 26 donne morte nel naufragio di un gommone avvenuto quattro giorni fa, ora sono morti in cinque - tra loro un bambino, e un altro sarebbe disperso - ma questa volta non si è trattato della solita imbarcazione capovolta. Ed è scambio di accuse tra la Ong Sea watch, intervenuta in soccorso dei migranti con la propria nave Sea Watch 3, e la Marina libica.
Secondo quanto riferisce la ong, la propria nave, su richiesta della centrale operativa di Roma della Guardia Costiera, ha raggiunto alcuni migranti, che erano a bordo di un gommone fatiscente. Mentre era in corso il trasferimento dei migranti sulla propria nave - sostiene Sea Watch - è intervenuta una motovedetta della Guardia costiera libica, le cui manovre avrebbero determinato il danneggiamento del gommone, con i migranti che sono finiti in mare. Alcuni si sarebbero lanciati deliberatamente in acqua per raggiungere la nave tedesca e sottrarsi ai militari libici. In questa circostanza cinque persone, compreso un bambino, sono morte, mentre un altro bambino sarebbe disperso. I libici avrebbero trascinato sulla propria unità alcuni naufraghi, che - dice la ong - sarebbero stati «minacciati e picchiati».
Del tutto opposta la versione della Marina libica, secondo la quale la nave Sea Watch sarebbe «comparsa» a salvataggio già iniziato da parte di una sua motovedetta, provocando «caos e confusione tra gli immigrati». Questi, compresi alcuni già tratti in salvo sull' imbarcazione libica, si sarebbero gettati in mare per raggiungere la nave della ONG tedesca. «Sea Watch rifiutava di ascoltare le istruzioni della Guardia costiera di allontanarsi dalla scena - sostiene la Libia - causando la morte di un numero di migranti illegali», e «facendo scendere due gommoni come se fossimo in una gara, nella confusione totale tra i migranti». Infine avrebbe «ostacolato gli sforzi dell’equipaggio della pattuglia per salvare tutti i migranti e recuperare i corpi».
Il successivo intervento di un elicottero della Marina Italiana imbarcato su una nave del dispositivo Mare Sicuro avrebbe indotto l’unità libica - riferisce Sea Watch - a far rotta verso le proprie coste con a bordo un gruppo di superstiti. Fonti della Marina sottolineano che l’elicottero è intervenuto a supporto delle operazioni di soccorso e per effettuare una ricognizione finalizzata alla ricerca di eventuali dispersi.
L’equipaggio di Sea Watch 3 ha fatto sapere di aver preso a bordo una cinquantina di migranti, compresi alcuni che erano finiti in mare. La Marina libica riferisce, da parte sua, che "la motovedetta Ras Jedir è riuscita a salvare 47 migranti, tra cui 30 donne e un bambino». «Giunta alla base navale di Tripoli alle 14.30, in presenza della International Medical Corps, è stata loro fornita assistenza umanitaria e medica. Due persone sono state trasferite in ospedale, mentre il resto dei migranti - conclude la nota della Marina libica - è stato portato presso il centro di accoglienza di Tajura».
Lo scambio di accuse non sembra comunque destinato a finire qui: in una nota ufficiale, il portavoce ufficiale del capo di stato maggiore della Marina libica annuncia una conferenza stampa «per presentare prove e fatti» contro l’organizzazione tedesca.
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