MADRID. Per la Catalogna è stato un elettroshock: per ordine di una giudice spagnola, sono scattate oggi le manette per 8 dei 13 membri del Govern eletto democraticamente del president Carles Puigdemont, accusati di "sedizione» e «ribellione» per avere portato avanti senza violenza il progetto politico dell’indipendenza catalana.
Decine di migliaia di persone sono scese in piazza già questa sera in tutte le città catalane al grido di «Llibertat» e di "Non è giustizia, è dittatura!» per denunciare l’incarcerazione del Govern. Restano a piede libero per ora, nell’'esiliò di Bruxelles, solo lo stesso Puigdmeont e i quattro ministri che lo hanno seguito in Belgio dopo la destituzione decisa dal governo di Madrid sabato. La procura spagnola ha chiesto che contro di loro venga emesso un mandato di arresto europeo. La giudice Carmen Lamela deciderà domani.
«Il governo legittimo della Catalogna incarcerato per le sue idee e per essere stato fedele al mandato approvato dal parlamento catalano», ha reagito Puigdemont in serata su Twitter. «Il clan furioso del 155 (l'articolo della Costituzione applicato da Madrid per destituire il governo, ndr) vuole il carcere. Il clan sereno dei catalani, la libertà».
Il 'numero due' del Govern Oriol Junqueras, leader di Erc, lo storico primo partito catalano di cui faceva parte il presidente Lluis Companys fucilato dai franchisti nel 1940, passerà la prima notte dietro le sbarre nel carcere di Estremera, vicino a Madrid. Come lui dormiranno in prigione i titolari di Esteri Raul Romeva, Interni Joaquim Forn, Giustizia Carles Mondò e le ministre Meritxell Borras e Dolors Bassa. La giudice Carmen Lamela ha giustificato il loro arresto senza cauzione, di solito previsto anche per terroristi e pericolosi delinquenti, con il pericolo di fuga e reiterazione di reato, dopo averli convocati questa mattina a Madrid per essere interrogati. I loro legali hanno denunciato una procedura sbrigativa, irregolarità e gravi violazioni del diritto di difesa.
Martedì Puigdemont aveva avvertito che lo Stato «non vuole giustizia, vuole vendetta». E che non avrebbe lasciato Bruxelles senza garanzie di un «giusto processo», che «per ora non esistono». Se Madrid chiederà il suo arresto al Belgio, Puigdemont ha preannunciato che darà battaglia. E costringerà la giustizia belga, molto intransigente sulle violazioni dei diritti fondamentali, a pronunciarsi sulle accuse mosse al leader catalani. Autorevoli giuristi in Catalogna e in Spagna le contestano e denunciano violazioni delle norme europee e spagnole. Lo stesso 'padrè della riforma del Codice Penale post-franchista, Diego Lopez Garrido, ha detto che l’accusa di "ribellione» esiste solo «nell’immaginazione del procuratore generale dello stato». In Catalogna, ha detto, non c'è stato quel «sollevamento violento» che prevede il codice penale.
Il fronte indipendentista ha reagito con indignazione all’arresto di mezzo Govern, denunciando una repressione «mai vista dai tempi del franchismo» ma lanciando nello stesso tempo appelli alla calma e alla «tranquillità», nel timore che la nuova «vendetta» di Madrid possa innescare un ciclo di esasperazione e violenza. La leader del partito di Junqueras, Marta Rovira, con voce rotta dal pianto ha chiesto «a tutti i democratici del mondo» di «reagire, alzarsi, impedire che questo accada nel XXI secolo: un governo eletto democraticamente messo in prigione!». «L'Europa ora sarà ancora complice dello stato spagnolo autoritario?», ha chiesto polemicamente la leader del PdeCat di Puigdemont, Marta Pascall. Lo stesso Junqueras, prima di essere rinchiuso, in carcere è riuscito a lanciare un ultimo appello su Twitter: «Fate ogni giorno quello che potete, perché il bene sconfigga il male. In piedi, con determinazione, fino alla vittoria!».
«Mi vergogno!», ha detto infine della Spagna il leader di Podemos Pablo Iglesias: «Libertà per i detenuti politici!». Che ora in Spagna, nell’Ue del XXI secolo, sono dieci. Oltre agli otto del Govern, da 15 giorni per ordine sempre di Lamela sono in carcere anche i 'due Jordì, Sanchez e Cuixart, i leader delle associazioni indipendentiste accusati di sedizione per le manifestazioni pacifiche di Barcellona del 20 settembre.
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