RIO DE JANEIRO. Sarebbe pronto un 'piano' per riportare Cesare Battisti dal Brasile in Italia, dopo il suo presunto tentativo di fuga in Bolivia: lo sostengono i media locali, che citano gli sforzi del governo del presidente Michel Temer per trovare un 'escamotagè giuridico dell’ultim'ora. L’idea sarebbe quella di imbarcare l’ex terrorista su un aereo della polizia federale direttamente da Corumbà - la città del Mato Grosso do Sul dove si trova in arresto da due giorni per sospetto traffico di valuta e riciclaggio di denaro - con destinazione Roma. Un’azione lampo che - secondo alcune fonti - potrebbe realizzarsi già nei prossimi giorni. Ci sarebbe infatti, secondo quanto si apprende, la disponibilità da parte del Brasile di consegnare Battisti all’Italia senza la richiesta di una nuova domanda di estradizione ma utilizzando quella già presentata. Prima però devono essere risolte alcune importanti questioni legali. Tra gli ostacoli da superare - fa notare la stampa - ci sarebbe l’assenza di una dichiarazione formale da parte del governo italiano che si impegni a rispettare le regole su quella che i giuristi di Brasilia chiamano 'detrazione penalè. In base ai trattati di estradizione, le autorità di Roma devono cioè vincolarsi ad assicurare all’imputato lo stesso regime di detenzione previsto dalle leggi brasiliane. Fonti del ministero della Giustizia fanno sapere che «tutto quello che c'era da fare è stato fatto». Ma in serata è lo stesso Guardasigilli a dichiarare che l’Italia intende muoversi "con grande determinazione ma anche con grande cautela». «In questi anni e in queste ore - ha detto Orlando - il nostro Paese ha fatto ogni passo possibile sia dal punto di vista politico sia giudiziario per ottenere l’estradizione di Battisti. Oggi c'è un fatto nuovo, che è quello dell’arresto, che ci può consentire di avere più probabilità di successo. Bisogna muoversi con grande determinazione ma anche con grande cautela». Il ministro ha ricordato che «proprio qualche mese fa Pasquale Scotti, il braccio destro di Cutolo, è stato assicurato alla giustizia italiana con la collaborazione delle autorità brasiliane. Oggi mi auguro si possa fare lo stesso con Battisti perché credo sia il modo migliore per dare sollievo alle vittime, per rendere onore a chi è caduto e per parlare anche a chi ha sofferto" Secondo il Brasile, l’Italia, dovrebbe impegnarsi ad applicare la pena prevista nel Paese per i delitti commessi da Battisti (condannato all’ergastolo nel nostro paese), ovvero al massimo 30 anni di carcere. La difesa di Battisti ha intanto avanzato un nuovo ricorso alla Corte suprema, chiedendo che venga analizzata «con urgenza" la richiesta di 'habeas corpus' per il loro assistito presentata allo stesso tribunale lo scorso 27 settembre. Secondo gli avvocati, esisterebbe infatti un rischio «imminente» di estradizione in Italia per l’ex estremista di sinistra. Ma il giudice federale Odilon de Oliveira, che ieri ne ha convalidato l’arresto, ha sostenuto che, con il suo tentativo di fuga in Bolivia, Battisti ha non solo «trasgredito» le norme sullo status di rifugiato politico, ma anche «offeso l’ordine pubblico» brasiliano. Durissime poi le parole di un altro togato, Pietro Forno, che da giudice istruttore a Milano si occupò dei processi per gli omicidi commessi dai Proletari armati per il comunismo. Battisti è «un professionista della fuga, una persona che ha una laurea honoris causa in fuga», ha ironizzato Forno. Come accaduto ieri, anche oggi sono state molte le reazioni politiche. Parla per esempio di «scandalosa latitanza» il deputato del Pd eletto in Sudamerica, Fabio Porta, cui fa eco il segretario del Psi, Riccardo Nencini: «Non è un eroe perseguitato, ma un assassino». Insiste sulla necessità che Battisti «sconti assolutamente la pena per quello che ha fatto" anche il vicepresidente della Camera e candidato premier del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio. Chiede invece al governo Gentiloni di «farsi rispettare dalle autorità brasiliane» il vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri (FI), mentre per la deputata di Forza Italia, Elvira Savino, l’ex premier Matteo Renzi e il Pd sono i principali «responsabili» per la mancata estradizione di Battisti.