ROMA. Nove interminabili secondi. In quella prima scarica di colpi a ripetizione il massacro era già consumato. Seguiranno altre due raffiche. In tutto - si ipotizza - due o tre caricatori svuotati dal balcone di un hotel di Las Vegas sulla enorme folla che assisteva ad un festival di musica country. Alla fine si contano almeno 58 morti e 515 feriti. E' la sparatoria più sanguinosa della storia moderna d’America, più di Virginia Tech, più di Columbine. E più della carneficina nel night club di Orlando, che finora deteneva il triste primato di 49 morti ammazzati. Così gli Stati Uniti ripiombano nell’incubo senza fine delle stragi di massa, quelle che nell’era Trump sembravano dimenticate. Così come in soffitta era finito il dibattito sulla incredibile diffusione delle armi da fuoco. Come quelle che Stephen Paddock - 64 anni, americano di razza bianca, suicidatosi prima dell’arrivo delle teste di cuoio - aveva nella camera d’albergo da cui ha sparato. E ne aveva anche nella sua abitazione di Mesquite, in Nevada: un vero e proprio arsenale da guerra tra pistole semiautomatiche, fucili d’assalto, maxi-caricatori e munizioni. E mentre già montava la polemica su come sia stato possibile far entrare tutte quelle armi in un resort, il presidente americano parlando alla nazione in diretta tv ha definito quanto accaduto «un atto di pura malvagità» ed ha annunciato che mercoledì sarà a Las Vegas. Nessun accenno a una possibile matrice legata al terrorismo islamico. Eppure secondo Site, il sito che monitora la propaganda online dei gruppi radicalizzati, l'Isis ha rivendicato il massacro. E secondo qualche media Paddock si sarebbe convertito all’Islam alcuni mesi fa, cambiando anche il nome in Samir al-Hajib. Ma l’Fbi smentisce: finora non è emerso nessun legame con il terrorismo e con organizzazioni terroristiche internazionali. Si tratterebbe dunque di un lupo solitario, il cui movente resta ancora tutto da decifrare. Anche perchè poco ancora si sa sul passato dell’uomo, una persona dalla vita apparentemente tranquilla. Una cosa invece è certa: nella capitale mondiale del divertimento e del gioco d’azzardo nulla sarà più come prima. Erano passate da poche le 10 di sera e nel Las Vegas Village, sulla iconica 'Strip' di luci e colori, l’euforia era alle stelle per le fasi conclusive del 'The Route 91 Harvest Festival'. Un cast stellare per la tre giorni di concerti conosciuta anche come 'Neon Sleepover', perchè i fan - decine di migliaia - per 45 dollari a notte restano a dormire in auto o nel caravan, con una coperta o il sacco a pelo. E chi vuole stare più comodo alloggia nel prospiciente Mandalay Bay Hotel. E’ dal 32° piano di questo albergo che Paddock (si trovava lì già da diversi giorni) ha improvvisamente cominciato a sparare. Secondo la prima ricostruzione degli esperti, avrebbe esploso oltre dieci colpi al secondo, forse grazie a un 'grilletto a manovellà facilmente acquistabile online e che permette di sparare 700 proiettili al minuto. Una pioggia di fuoco che si è abbattuta sulla marea umana sotto di lui. Impossibile fuggire. Chi lo ha fatto ha travolto gli altri o è rimasto a sua volta vittima del panico generale. Sul palco si stava esibendo Jason Aldean, una star assoluta della musica country, immortalata dai video mentre si precipita giù in cerca di riparo. Alla fine di tutto, la scena - come raccontano i testimoni e le immagini - è agghiacciante: sangue e corpi ovunque, in mezzo a un mare di bottigliette di plastica e oggetti persi durante la fuga: cappelli, scarpe, smartphone. Scatta anche la caccia ai possibili complici e l’attenzione si rivolge subito verso la convivente di Paddock, Marilou Danley, che però non sarebbe coinvolta: è all’estero e sta cooperando con gli investigatori.