ANKARA. «Taglieremo la testa» alle reti dei golpisti. Davanti a decine di migliaia di sostenitori accorsi alla sua 'marcia di unità nazionalè, sul primo ponte che unisce Asia ed Europa a Istanbul, Recep Tayyip Erdogan torna a vestire i panni del leader giustiziere. Un anno dopo, il presidente turco rispolvera la retorica della vendetta che aveva accompagnato i giorni successivi al fallito golpe. Gli imputati, ha detto Erdogan, dovrebbero entrare in tribunale indossando una "uniforme, come quella dei detenuti a Guantanamo». Il bagno di folla sul Bosforo è solo l’antipasto della lunga notte di commemorazioni per quella che ha definito l’"epica del 15 luglio". Poco prima delle 2,32 locali (l'1,32 in Italia), l'ora esatta in cui l’aviazione golpista iniziò a bombardarlo, Erdogan appare nel piazzale davanti al Parlamento di Ankara, dove migliaia di sostenitori lo attendono festanti. Da un lato le donne, quasi tutte velate, dall’altro gli uomini: come in moschea. La folla inneggia ad Allah e saluta i leader sul palco con il gesto ultranazionalista dei lupi grigi e quello con le quattro dita della Rabia, simbolo dei Fratelli musulmani, declinato da Erdogan in chiave turca: «Una nazione, una bandiera, una patria, uno stato». Una lunga preghiera accompagnata dalla massima autorità islamica turca, Mehmet Gormez, segna il ricordo delle vittime del golpe. Il presidente parla per quasi un’ora davanti a una folla che lo interrompe solo per osannarne il nome e chiedere a gran voce il ritorno della pena di morte. E lui non la delude, ribadendo di essere pronto ad approvarla «senza alcuna esitazione», se il Parlamento la votasse. Ascoltato in prima fila dai familiari dei 'martiri', le vittime e i feriti del putsch, promette che «chi ha tradito pagherà», esalta il coraggio dei 106 deputati che si riunirono nel Parlamento sotto attacco golpista e torna ad attaccare - senza mai nominarlo esplicitamente - il leader dell’opposizione Kemal Kilicdaroglu, assente stanotte. Erdogan gli rimprovera di aver definito quello del 15 luglio come un "colpo di stato controllato", cioè previsto e non evitato per poi cavalcarlo. La festa istituzionale - con lo speaker del Parlamento e il capo di stato maggiore a fianco del presidente - si trasforma in una celebrazione personale del capo. Della Turchia che un anno fa si unì contro il golpe, nella notte di Ankara resta solo il ricordo.