MANCHESTER. La conta dei morti potrebbe non essere ancora finita. L'incubo di sicuro non lo è. La Gran Bretagna si blinda e lancia l'allarme rosso, sullo sfondo di una pista libica che sembra farsi di ora in ora più intricata e sconcertante, dopo la carneficina dell'attentato suicida alla Manchester Arena. È caccia all'uomo per provare a smascherare la rete di complicità attorno al kamikaze Salman Abedi: il 22enne, che con un fratello avrebbe giurato fedeltà all'Isis, fattosi saltare in aria lunedì sera fra le famiglie (ragazzi, bambini, genitori) reduci dal concerto della pop star Ariana Grande, trucidando almeno 22 esseri umani. Le indagini lasciano ormai pochi spazi a dubbi. Questa volta nessuno crede al lupo solitario di turno. Salman, figlio di rifugiati libici anti-Gheddafi sbarcati nel Regno Unito negli anni '90 e nel frattempo tornati in patria, non è stato che una pedina, a quanto pare. L'ordigno che s'era caricato nello zaino con il quale si è fatto poi esplodere era abbastanza sofisticato da escludere che possa aver fatto tutto da solo. Di qui la convinzione che esista almeno una cellula, che questa sia ancora attiva e disponga come minimo di uno specialista. Una convinzione che ha spinto il governo di Londra, e il comitato di emergenza Cobra riunito due volte in poche ore dalla premier Theresa May, a portare l'allerta nel Paese al livello 'critico': il più alto nella scala delle minacce, proclamato solo due volte in passato, l'ultima 10 anni fa. Significa che un possibile nuovo attacco viene considerato imminente, come ha confermato la ministra dell'Interno, Amber Rudd, pur parlando di "progressi nelle indagini". Intanto, a Londra e altrove, vari luoghi sensibili sono stati di fatto militarizzati, cosa quasi senza precedenti, inusitata, sull'isola. Alle centinaia di poliziotti armati in più, si sono aggiunti circa mille soldati schierati nella sola capitale: dove Buckingham Palace ha sospeso a malincuore la tradizione secolare del cambio della guardia a scopo precauzionale e il Chelsea di Roman Abramovich e Antonio Conte ha dovuto rinunciare alla sua 'parata della vittoria'. A confermare le tensioni, la polemica - rientrata dopo un mea culpa di Washington - sulle fughe di notizie fatte trapelare sui media da fonti dell'intelligence Usa: divenuta ormai fin troppo ciarliera per i gusti degli alleati britannici. Gli arresti di potenziali complici o fiancheggiatori compiuti nel Regno sono saliti a sei totali. Ultimo un uomo è stato fermato ieri dopo che la polizia ha effettuato ricerche nella città inglese di Nuneaton, circa 160 chilometri a sud di Manchester. Si tratta del primo arresto in Inghilterra a svolgersi al di fuori di Manchester dal giorno dell'attentato. Ieri era stata fermata nella zona di Blackley anche una donna, poi rilasciata senza accuse. Restano così sei le persone detenute dalle autorità inglesi dopo i controlli antiterrorismo scattati in seguito all'attacco kamikaze di lunedì sera. Le ricerche puntano in primis al presunto 'artificiere' che si sospetta abbia confezionato la bomba. Ma il capo della Greater Manchester Police, Ian Hopkins, che nella città del nord dell'Inghilterra ha coordinato nelle ultime ore un paio di blitz delle teste di cuoio, ha tenuto a precisare che nel mirino c'è un intero "network". Un network che affonda le sue radici in Libia, a quanto è dato capire. Fermato pure il padre Ramadam. Hassan è sospettato di aver pianificato un altro attentato in terra libica e, a dar credito a quanto rimbalza da Tripoli, avrebbe confessato di aver "giurato fedeltà all'Isis" con Salman, anche se lo avrebbe poi smentito in un successivo interrogatorio. Scavando nell'album di famiglia si scopre che Salman era già noto non solo agli 007 britannici, ma pure ad americani e francesi, ai quali ultimi risulta avesse viaggiato di recente in Siria, oltre che in Libia. Di rapporti con l'Isis parla d'altronde anche Tripoli, mentre SkyNews rivela frequentazioni passate con un nucleo di adepti del Califfato a Manchester, in particolare con Raphael Hostey, originario del medesimo quartiere e indicato prima d'essere ucciso in Siria come uno dei reclutatori dello 'Stato islamico' nel Regno Unito. Anche se il collegamento familiare più evidente degli Abedi sembra con la galassia di Al Qaida. Il solito quadretto di vicini e sedicenti amici che ricordano Salman come "un ragazzo normale", radicalizzatosi un po' all'improvviso, in ogni modo non regge. I legami con la moschea di West Didsbury sono accertati, come quelli della madre e d'una sorella. E così i contatti non certo occasionali della parte maschile con ambienti ultrà. Ramadam Abedi sarebbe legato da tempo a un gruppo, il Libyan Islamic Fighting Group, o Al-Jama'a al-Islamiyyah al-Muqatilah bi-Libya, fusosi sotto la guida del qaedista Abd al-Muhsin Al-Libi con milizie islamiche cooptate nella cosiddetta 'primavera araba' e nella guerra civile libica. Prima di essere sdoganato dagli Usa nell'era dell'amministrazione Obama e assorbito nelle attuali forze di difesa libiche del governo di coalizione. Governo che nega oggi sdegnato d'aver affidato, come scrive l'Ap, un qualche incarico recente ad Abedi senior. Ma pare imbarazzato.