BRUXELLES. «Se gli Stati membri non aumenteranno presto i rispettivi ricollocamenti, la Commissione non esiterà ad avvalersi dei poteri ad essa conferiti dai trattati nei confronti di chi non avrà rispettato gli obblighi derivanti dalle decisioni del Consiglio». È il monito della Commissione Ue agli Stati membri, aprendo così la possibilità a future procedure di infrazione. Bruxellles avverte inoltre che «l'obbligo giuridico di ricollocare le persone ammissibili non decadrà dopo il mese di settembre».
«Garantire che i migranti irregolari siano rimpatriati rapidamente non solo allenterà la pressione sui sistemi di asilo degli Stati membri e permetterà di mantenere adeguate capacità di protezione per chi ne ha realmente bisogno, ma sarà anche e soprattutto un segnale forte per scoraggiare i pericolosi viaggi della speranza verso l'Ue», dice il commissario europeo Dimitris Avramopoulos, presentando una nuova raccomandazione agli Stati membri e un piano d'azione per intensificare i rimpatri.
«Dobbiamo dare protezione a coloro che ne hanno bisogno, ma dobbiamo anche rimpatriare chi non ha diritto di rimanere nell'Ue, nel pieno rispetto dei diritti fondamentali e del principio di non respingimento», ha evidenziato.
«Italia e Grecia avranno il nostro pieno sostegno e aiuto nel creare i centri di detenzione - assicura Avramopoulos -. Gli Stati membri dovrebbero ricorrere ai centri di detenzione quando i migranti irregolari non collaborano o c'è il rischio di fuga, e per un periodo che permetta la definizione della procedura di allontanamento dal territorio. Ed è uno strumento da utilizzare quando non ve ne siano di meno coercitivi, ma efficaci».
«La direttiva europea sui rimpatri prevede sei mesi per la permanenza in questi centri, ma può essere prolungato fino a 18 in casi molto speciali. In alcuni Paesi la durata massima prevista dalle leggi nazionali è molto più corta, il risultato è che il tempo a disposizione non è sufficiente per ultimare con successo le procedure dei rimpatri. Quindi incoraggiamo gli Stati membri di fare pieno uso della direttiva».
«Questi centri non devono essere considerati come campi di concentramento e non c'è azione di respingimento. Tutto avviene nel pieno rispetto dei diritti umani», conclude, spiegando anche che «sui centri di detenzione fuori dall'Europa in passato ci sono state idee ma non ci siamo ancora».
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