BUCAREST. In Romania la protesta popolare non si ferma, e anche dopo il ritiro del contestato decreto 'salva-corrotti", decine di migliaia di persone sono tornate in piazza a manifestare contro il governo del socialdemocratico Sorin Grindeanu, del quale si chiedono a gran voce le dimissioni.
Ma il premier socialdemocratico romeno Sorin Grindeanu non ha intenzione di dimettersi «per
soddisfare la piazza».
Il grande raduno di oggi a Bucarest era già in programma e, come previsto, nella capitale sono affluite colonne di autobus con dimostranti provenienti da ogni angolo del Paese. I media locali parlano della manifestazione antigovernativa più massiccia dalla rivoluzione che nel dicembre 1989 fece cadere il regime comunista di Nicolae Ceausescu.
«Il ritiro del decreto è solo una prima vittoria, noi continueremo a lottare per l'affermazione di Romania veramente democratica, non corrotta e fondata sullo stato di diritto», ha detto un manifestante.
«Resteremo in piazza fino a quando il governo non se ne andrà. Non era il governo che volevamo. I corrotti non li vogliamo», ha detto un altro degli oltre centomila manifestanti tornati a radunarsi in serata davanti alla sede del governo in Piazza della Vittoria, a Bucarest. Sventolando bandiere tricolori della Romania i dimostranti hanno scandito a lungo 'Dimissioni!, dimissioni!', 'Ladri! ladri!'.
Sopra il corteo pendevano diversi fantocci con maschere di noti politici con la divisa a righe dei detenuti, divenuti quasi un'icona di questa ondata di proteste romene. Ad alimentare l'insoddisfazione e i sospetti del movimento di protesta c'è l'intenzione del premier Grindeanu - in carica con il suo governo da poco più di un mese dopo il voto di dicembre - di presentare in parlamento un nuovo disegno di legge in fatto di norme sulla corruzione.
E in parlamento la coalizione di governo di centrosinistra ha la maggioranza. Intanto, per la prima volta dall'inizio dell'ondata di proteste popolari, alcune centinaia di persone hanno manifestato oggi a Bucarest a sostegno del governo. Lo hanno fatto con un raduno davanti al palazzo presidenziale, in polemica con il capo dello stato, Klaus Iohannis, schierato sin dall'inizio in appoggio alla protesta popolare e per il ritiro del controverso decreto che depenalizzava l'abuso d'ufficio e altri reati di corruzione il cui danno quantificato non superasse i 45 mila euro.
Una misura interpretata come un 'regalò ai tanti politici, funzionari e imprenditori sotto inchiesta con accuse di corruzione. A cominciare dal leader socialdemocratico, Liviu Dragnea, impossibilitato a candidarsi alla guida del governo proprio per un'inchiesta di corruzione, e che sarebbe stato il primo beneficiario del decreto 'salva-corrotti.
In giornata il governo, in una seduta straordinaria, ha ufficializzato la revoca del provvedimento, sulla cui legittimità si pronuncerà comunque nei prossimi giorni la Corte costituzionale, chiamata in causa dal presidente Iohannis. La delicata situazione e le nuove tensioni politiche in Romania sono seguite con preoccupazione dalla Ue, che nei giorni scorsi ha lanciato un duro monito alle autorità di Bucarest a non fare 'passi indietrò nella lotta fondamentale a corruzione e criminalità.
Alcuni fra i manifestanti di Bucarest hanno azzardato paragoni con la rivoluzione del 1989 contro la dittatura di Ceausescu. «Ma questa battaglia è diversa - non si spara, non ci sono morti. Questa è una battaglia morale, per la speranza. Ma è ugualmente importante come quella del 1989», ha detto un manifestante di Piazza della Vittoria a Bucarest.
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