NEW YORK. «Grazie a voi sono stato un presidente migliore». Barack Obama rende omaggio ai giornalisti che in questi otto anni lo hanno seguito giorno e notte nel corso della sua avventura presidenziale. E nella sua ultima conferenza stampa alla Casa Bianca lancia un chiaro messaggio a chi lo rimpiazzerà nello Studio Ovale: «Gli americani e la democrazia hanno bisogno della stampa, occhio critico su chi detiene il potere». E al suo successore ricorda anche che il lavoro del presidente è «talmente grande che non lo si può fare da soli».
Per Obama è fondamentale la presenza all'interno della Casa Bianca dei giornalisti che così sprona: «Continuate con la stessa tenacia». Poi il presidente uscente torna a fare un bilancio dei sue due mandati e rispondendo alle domande torna a difendere soprattutto la sua politica estera, in particolare per quel che riguarda i rapporti con la Russia e con Israele.
«Intrattenere rapporti costruttivi con la Russia è una priorità degli Stati Uniti ed è nell'interesse del mondo intero», ha affermato, ricordando come purtroppo - a suo modo di vedere - con Vladimir Putin c'è stata un'escalation che non ha aiutato le relazioni tra i due Paesi.
A partire dall'invasione della Crimea che ha giustificato le sanzioni verso Mosca. Per quel che riguarda la questione mediorientale, invece, Obam si è detto preoccupato: «Lo status quo è insostenibile e negativo per Israele e i palestinesi. Ho fatto tutto quello che ho potuto. Ma la pace non può essere imposta».
Il monito al rispetto della libertà di stampa è quello che il 44/mo presidente degli Stati Uniti ha ripetuto più volte in tanti suoi viaggi e messaggi rivolti all'estero, dalla Cina alla Turchia, passando per Cuba e la Russia. Ma che ora sente il bisogno di ripetere in chiave nazionale nel pieno della feroce polemica tra Donald Trump e i giornalisti.
Preoccupato dalle restrizioni che lo stesso tycoon e i suoi più stretti collaboratori hanno preannunciato. Limitazioni di cui già si è avuto un assaggio durante la campagna elettorale e in questo periodo di transizione. Così anche la scelta di Obama del luogo in cui tenere il suo ultimo incontro con la stampa è simbolica: piuttosto che la più grande State Dining Room, il presidente uscente ha utilizzato la Brady Room della Casa Bianca, quella in cui da decenni si svolge il briefing quotidiano del portavoce presidenziale.
Briefing che - secondo alcune indiscrezioni - Trump starebbe valutando di spostare altrove, 'sfrattandò di fatto corrispondenti, reporter e operatori da 1600 Pennsylvania Avenue. Si tratta di una ipotesi accreditata anche dal futuro portavoce della Casa Bianca Sean Spicer e dal futuro capo di gabinetto di Trump Reince Priebus. Ma che nelle ultime ore il tycoon, dopo l'ira dei media, ha smentito. Sottolineando però in una intervista a Fox che sarà lui a decidere chi potrà partecipare o meno: «Sceglieremo chi far entrare perchè c'è una forte richiesta e poco spazio», la sua motivazione. Ma c'è chi giura di averlo sentito dire sui giornalisti: «Non li voglio lì dentro», riferendosi proprio alla Casa Bianca.
All'orizzonte anche la minaccia dello scioglimento definitivo del tradizionale pool di reporter che a turno seguono 24 ore su 24 gli spostamenti del presidente degli Stati Uniti, riferendo su tutte le sue attività pubbliche ma anche sui suoi spostamenti per motivi privati o familiari.
Tutto in nome della massima trasparenza. E dire che anche il rapporto di Obama con la stampa non è stato sempre facile, con la critica spesso mossa al primo presidente afroamericano di non concedersi eccessivamente ai media, con poche conferenze stampa e con interviste spesso rilasciate più sui social media - YouTube e Facebook in primis - che sui mezzi di comunicazione tradizionali, tv e carta stampata. Ma nel tempo, soprattutto a partire dal secondo mandato, i rapporti si sono poi appianati. Molte sono state poi le polemiche sugli eccessivi costi sostenuti dai media per seguire Obama nei suoi viaggi all'estero.
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