Lunedì 23 Dicembre 2024

Grazia a Manning, Assange: non mi consegnerò più agli Usa

WASHINGTON. Dietrofront di Julian Assange, che aveva promesso di consegnarsi alle autorità Usa se Barack Obama avesse concesso la grazia alla 'talpa' di Wikileaks Chelsea Manning. «Tutto ciò che ha detto lo manterrà», aveva detto inizialmente uno dei suoi avvocati, Melinda Taylor, suggerendo che non si sarebbe rimangiato il suo impegno. Ma Barry Pollack, un altro legale del giornalista australiano, ha corretto subito il tiro spiegando che la decisione di Obama di commutare la pena riducendola da 35 a 7 anni non è sufficiente: «è meno di quanto Assange ha chiesto. Non si chiedeva una riduzione della pena, ma la grazia (che cancella il reato, ndr) e la scarcerazione immediata di Manning», ha spiegato. Intanto monta l'ira dei repubblicani e di Donald Trump, col vicepresidente eletto Mike Pence che parla di Manning come di un «traditore» e accusa Obama di aver compiuto un gravissimo errore. «Scandaloso», ha rincarato lo speaker della Camera Paul Ryan, accusando Obama di aver creato un «precedente pericoloso». Ma nella sua ultima conferenza stampa il presidente uscente ha difeso il suo atto di clemenza, sottolineando che Manning si è sottoposta ad un processo, si è assunta la responsabilità dei crimini e ha ricevuto una pena «sproporzionata», più dura di quella inflitta in casi analoghi. Il fondatore di Wikileaks, il sito che ha pubblicato in dieci anni di attività migliaia di documenti segreti imbarazzanti o pericolosi per gli Usa, compresi i recenti hackeraggi russi, aveva fatto la sua promessa la scorsa settimana «nonostante la chiara incostituzionalità» del caso pendente al ministero della giustizia. Dopo la mossa di Obama, Assange su twitter ha cantato «vittoria», ringraziato i sostenitori della causa ed elogiato Manning come «un eroe, il cui coraggio dovrebbe essere applaudito». Ha poi chiesto agli Usa di «fermare la loro guerra contro gli informatori e gli editori, come Wikileaks ed io stesso», perchè insieme ai giornalisti essi «distribuiscono informazioni autentiche su questioni chiave come gli abusi dei diritti umani e gli atti illegali di dirigenti governativi». Ma non ha fatto alcun cenno al suo impegno. A chiarire le sue vere intenzioni è stato l'avvocato Pollack, con una motivazione che appare pretestuosa. Il legale in ogni caso ha voluto ricordare che ha chiesto per molti mesi al dipartimento di giustizia di chiarire lo status del suo assistito. «Spero accada presto», ha auspicato. In effetti il dipartimento di giustizia Usa non ha mai annunciato alcuna accusa contro Assange e non è chiaro se lo abbia fatto in modo segreto. In ogni caso qualsiasi decisione su una eventuale incriminazione ed estradizione ricadrà sulla prossima amministrazione. Con un Trump che potrebbe essere incline alla clemenza, ma anche più imbarazzato dopo il suo plauso al lavoro di Wikileaks e le conclusioni dell'intelligence Usa che gli hacker russi si sono serviti del sito di Assange per favorirlo nella corsa presidenziale, danneggiando la sua rivale Hillary Clinton e il partito democratico. Assange si è rifugiato nell'ambasciata ecuadoregna di Londra oltre quattro anni fa per evitare l'estradizione in Svezia, dove è indagato per violenza sessuale. E si è rifiutato di farsi interrogare in Svezia temendo l'estradizione negli Usa.  Estradizione che sarebbe sicura nel caso di Edward Snowden, l'ex talpa della Nsa protagonista nel 2013 del 'Datagatè rifugiatasi a Mosca. Ma il Cremlino lo ha blindato: il suo permesso di soggiorno è stato esteso per altri tre anni, fino al 2020, e presto avrà i requisiti richiesti per poter chiedere la cittadinanza russa, come ha annunciato il suo avvocato, Anatoli Kucerena.

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