NEW YORK. L'America volta pagina. Donald Trump, uno dei candidati più controversi di sempre, diventa il 45/mo presidente degli Stati Uniti e si appresta a guidare il Paese attraverso un deciso cambiamento di rotta dopo otto anni di Barack Obama. Creando ansia in tutto il mondo, dall'Asia all'Europa, e preoccupando i mercati, col rischio di un nuovo effetto Brexit. Per Hillary Clinton è una sconfitta shock. Nessuno la poteva immaginare di queste proporzioni, nonostante la consolazione di del voto popolare. I sondaggi ancora una volta hanno dimostrato i loro limiti e il tycoon ha compiuto il miracolo: è riuscito a strappare alla candidata democratica, in leggero vantaggio alla vigilia, tutti gli Stati necessari per conquistare la fatidica soglia dei 270 grandi elettori necessari per la vittoria. Infrangendo il sogno della prima donna Commander in Chief. Quello di Trump nella lunga nottata elettorale è stato un 'filotto' inarrestabile: Ohio, Florida, North Carolina. E poi ancora l'Iowa, il Nevada, e così via. Uno per uno tutti gli stati in bilico, fino al colpo del ko con Wisconsin e Pennsylvania. E alla fine i grandi elettori sono ben al di sopra dei 270. "Sarò il presidente di tutti", le prime parole del nuovo inquilino della Casa Bianca. Perché nelle prime ore dopo la svolta la parola d'ordine è l'unità. Un'unità che non sarà facile conquistare dopo una delle campagne elettorali più velenose e divisive che si ricordino. "E' ora di superare le divisioni", ha auspicato un Trump visibilmente emozionato - e quasi incredulo - dal palco di quello che già da giorni, senza mostrare timori scaramantici, aveva chiamato il 'victory party'. Mentre all'avveniristico centro congressi del Javits Center di Manhattan, dove si sarebbe dovuto 'infrangere il soffitto di cristallo', Clinton non si è mai vista, con i suoi sostenitori in preda alla disperazione. Con una telefonata Hillary ha concesso subito la vittoria all'avversario. Ma ha aspettato che passasse la notte per spiegare tutto il dolore che prova per una sconfitta inattesa. "Mi sono congratulata con Donald - ha detto commossa, con al fianco il marito Bill e la figlia Chelsea - e mi sono impegnata a lavorare insieme a lui per il bene del Paese". Ma la sua appare come una malinconica uscita di scena, la fine di ogni ambizione. Di un'ambizione coltivata da anni. Anche Barack Obama ha chiamato Trump per congratularsi, invitandolo immediatamente alla Casa Bianca. L'incontro, nelle prossime ore, servirà a cominciare quel passaggio di consegne che in America dura oltre un mese. Sarà un periodo di transizione in cui il nuovo presidente dovrà formare il nuovo governo e scegliere chi mettere nei posti chiave dell'amministrazione. Poi, concluso il processo elettorale con l'insediamento del nuovo Congresso e il voto dei grandi elettori, il giorno dell'ingresso di Donald Trump e della nuova first lady Melania alla Casa Bianca, il 20 gennaio prossimo. Ad attendere Trump ci sarà un Congresso 'amico'. Perché dalle urne dell'Election Day è uscita anche una schiacciante vittoria del Grand Old Party, che mantiene il controllo sia della Camera dei Rappresentanti che del Senato.