MADRID. Finalmente dopo 10 mesi la Spagna è uscita dal tunnel della infinita crisi politica con l'elezione a nuovo premier del leader del Pp e capo del governo uscente Mariano Rajoy, grazie all'astensione dall'opposizione del partito socialista.
Rajoy ha ottenuto al secondo turno la fiducia del Congresso dei deputati, l'equivalente della nostra Camera, con 170 voti a favore su 350, 111 contrari e 68 astensioni. Il Psoe si è spaccato. Poco prima del voto l'ex- segretario Pedro Sanchez defenestrato dai 'baroni'del Psoe un mese fa si è dimesso da deputato per non rispettare l'ordine di astensione della nuova direzione socialista.
'El guapo' intende cercare di tornare ai comandi del Psoe al congresso di inizio 2017. Nel voto 16 degli 84 deputati socialisti, fra cui tutti i catalani, hanno rotto la disciplina di voto e votato 'no'. Da Podemos e indipendentisti sono piovute accuse di «tradimento» sul Psoe, in un clima incandescente a sinistra. Per il leader popolare inizia ora un percorso ad alto rischio in una legislatura definita «da infarto».
Governerà con un esecutivo di debole minoranza - «la maggioranza più minoritaria della storia recente» ha detto il capogruppo Pp Rafael Hernando - costretto a negoziare tutto continuamente con i partiti dell'opposizione per non cadere. «Una legislatura imprevedibile», avverte la tv pubblica Tve, «durerà mesi o anni?».
Rajoy ha detto di volere andare fino al 2020, ma molti danno al massimo 2 anni al governo che sarà costituito giovedì. «Sarà il suo epilogo» ha previsto il leader di Podemos Pablo Iglesias sicuro che «prima o poi vinceremo noi». Rajoy ha ribadito oggi che farà un governo «di dialogo, tutto il dialogo» e negozierà tutto o quasi con il parlamento. Dopo 40 anni di bipartitismo Pp-Psoe la Spagna entra in una fase senza precedenti nella quale per la prima volta dalla fine del franchismo il potere si sposterà insensibilimente dalla Moncloa, la presidenza del governo, al parlamento.
Il cammino del nuovo governo Rajoy è irto di ostacoli e incognite politiche. Sulla sua tenuta peserà l'evoluzione del Psoe. Nelle prossime settimane si farà incandescente la lotta per il controllo del partito fra la presidente andalusa Susana Diaz all'origine del defenestramento di Sanchez e della svolta dell'astensione su Rajoy e l'ex-leader Il partito ha bisogno di tempo per ricostruirsi e rispondere alla minaccia esistenziale di Podemos.
I seguaci di Sanchez però premono per Congresso e primarie per un nuovo leader al più presto. Sanchez vuole tornare al potere facendo leva sui militanti, sensibili alla sua retorica frontista degli ultimi mesi. Una sua vittoria potrebbe segnare la fine anticipata del nuovo governo togliendo a Rajoy ogni possibile appoggio puntuale dei socialisti. Sul cammino di Rajoy c'è il rebus Ciudadanos, se cioè il partito di Albert Rivera lo appoggerà sulla base del patto di investitura in 150 punti siglato con il Pp o farà opposizione. C'è infine il macigno della secessione che il presidente della Catalogna Carles Puigdemont vuole raggiungere per la fine del 2017. Una potenziale bomba atomica per il governo Rajoy, e per tutto il paese.
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