REYKJAVIK. Oggi in Islanda si vota per le elezioni nazionali che vedranno 250mila aventi diritto al voto esprimersi sul futuro del Paese. Un'elezione che vede i 'Pirati', il partito anti sistema degli hacker-anarchici, sfidare i conservatori del Partito dell'Indipendenza con gli ultimi sondaggi della vigilia che fotografano uno scarto di pochi punti, 20,5% per i primi, 24,7% per i secondi.
I seggi chiudono alle 22 (24 in Italia) e i primi risultati sono attesi tra la tarda notte e l'alba di domani. Anche se non arriverà primo in base agli ultimissimi sondaggi, sarà comunque un boom per il partito anti-establishment dei Pirati islandesi, pronto a conquistare una valanga di seggi in seno all'Althingi, uno dei più vecchi parlamenti del mondo, passando dagli attuali tre ad almeno 12, 15 o anche 20 scranni, su un totale di 63.
I sondaggi dell'ultimo minuto, quelli dell'Istituto Mmr pubblicati su Iceland Review, danno infatti in seconda posizione proprio 'Piratar', il partito fondato dalla poetessa Birgitta Jonsdottir, 49 anni e una frangetta sbarazzina, appoggiato soprattutto dai giovani, con il 20,5% dei voti, dietro ai conservatori del Partito dell'Indipendenza (24,7%), il principale della coalizione di governo dimissionaria. Come sottolinea la stampa islandese, potrebbe profilarsi un periodo di incertezza, ma anche di grandi cambiamenti.
La coalizione uscente, il Partito dell'Indipendenza e i centristi del partito progressista, difficilmente supereranno insieme il 36% dei suffragi (intorno ai 22-25 seggi) e non avranno, a meno di colpi di scena, una maggioranza parlamentare per governare.
Insieme ai suoi alleati all'opposizione, non è neanche detto che i Pirati saranno in grado di ottenere la maggioranza in Parlamento, aprendo una stagione di incertezza politica. Una vittoria dei Pirati, partito fan di Wikileaks, in testa ai sondaggi di tutti questi ultimi giorni, non è ovviamente da escludere, con conseguenze dirompenti, anche se dovrà guidare una coalizione di piccoli partiti ora all'opposizione. E cioè democrazia diretta attraverso il web sul modello del Movimento 5 Stelle in Italia, trasparenza di governo, depenalizzazione delle droghe, oltre all'asilo offerto a Edward Snowden, la 'talpa' del Datagate statunitense. Non ci sarebbe invece rivoluzione in economia (che ora sta andando piuttosto bene), e Piratar ha preso l'impegno di indire un referendum su un'eventuale adesione all'Unione europea, in passato bocciata. Infine, contrariamente ad altri partiti anti-sistema dello stesso tipo, come Podemos in Spagna o Syriza in Grecia, Piratar non ha un candidato premier ufficiale, anche se il leader più in vista rimane decisamente Jonsdottir. I Pirati, fondati circa 5 anni fa, sono nati sulla scorta dello scandalo finanziario del 2008 che ha lasciato il Paese in situazione di bancarotta, e si sono decisamente rafforzati nei mesi scorsi, in particolare dopo le dimissioni del premier Sigmundur Gunnlaugsson, il 23 maggio. Gunnlaugsson, 41 anni, si è dimesso aprendo la porta ad elezioni anticipate dopo una serie di manifestazioni di piazza per il suo coinvolgimento nello scandalo dei Panama Papers, e in particolare per i suoi legami con una società offshore, nella quale sua moglie avrebbe investito milioni di dollari. Spiega Jonsdottir, paragonando il paese a una versione nordica della Sicilia: «La gente in Islanda è stufa della corruzione e del nepotismo» e di essere governata «da famiglie di stile mafioso» e dai i loro amici, da lei soprannominati, non a caso, «la piovra».
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