Venerdì 22 Novembre 2024

Donne e bambini usati come "scudi": le violenze dei jihadisti a Mosul

Uno dei tunnel scavati dall'Isis nei pressi di Mosul - Fonte Ansa

SULLA STRADA DI MOSUL. Trincee riempite di petrolio, sostanze chimiche velenose, bambini e donne usati come 'scudi umani' sui tetti della case contro i raid aerei. Sarebbero queste le difese approntate dai seguaci del 'califfo nero' al-Baghdadi per la battaglia finale per Mosul. Lo riferiscono dalla città fonti concordanti, secondo le quali il fuoco verrà appiccato al greggio nelle trincee, non appena le forze curdo-irachene si dovessero avvicinare alla linee difensive dell'Isis. I jihadisti inoltre avrebbero disseminato la città di ordigni artigianali carichi di sostante chimiche nocive che avrebbero effetti devastanti sia sugli avversari che sulla popolazione civile. Non è possibile verificare in maniera indipendente questo tipo di informazioni che trapelano da Mosul. E' di ieri la notizia, diffusa dalla Cnn, che l'Isis avrebbe giustiziato 284 persone tra uomini e bambini nelle giornate di giovedì e venerdì mentre le forze di coalizione avanzavano verso Mosul. Intanto, oggi i Peshmerga hanno lanciato una nuova offensiva su Bashiqa, una ventina di chilometri a sudest di Mosul. L'attacco delle forze curde è supportato dai raid della Coalizione. L'obiettivo è quello di liberare almeno due villaggi nella zona. L'avanzata delle forze curdo-irachene su Mosul segna il passo: l'attacco dietro le linee a Kirkuk ha costretto i militari a spostare unità nelle retrovie, nel timore di nuovi sanguinosi assalti a sorpresa dell'Isis. Ma c'è un altro fattore che spinge in queste ore alla prudenza: i tunnel dello Stato islamico scavati in ogni cittadina, in ogni villaggio, in ogni edificio utile lungo la linea difensiva messa in campo da Abu Bakr al Baghdadi per difendere fino alla morte la sua 'capitale' irachena, quella dove il 'Califfo' ha annunciato la nascita dell'Isis nel 2014. A Tarjalla, minuscolo villaggio a circa 20 chilometri a sudest di Mosul liberato due giorni fa, i jihadisti ne hanno costruiti oltre 10. Ogni casa dispone di un 'accesso' ai 'bunker' scavato nel pavimento, con scale che portano verso quello che oggi sembra l'Inferno. Gli ingressi sono sostenuti da sacchi di sabbia e travi di legno per impedire che i tetti colpiti dall'aviazione o dalle armi pesanti delle forze della Coalizione possano franare sulla testa dei miliziani. Si scende sottoterra: diversi metri più in giù una rete di cunicoli avvolti dal buio pesto scorre lungo tutto il perimetro del villaggio. L'aria è rarefatta, i ventilatori per dare ossigeno ai tunnel sono sparsi ovunque nel villaggio, distrutti come tutto il resto: le stradine strette tra gli ammassi di macerie sono cosparse di bossoli, di bombe inesplose, di ordigni artigianali disinnescati dai militari iracheni. Non sono tunnel come quelli di Hamas al confine tra Gaza e Israele ma vere e proprie cittadelle sotterranee che ricordano piuttosto quelle realizzate dai Vietcong. Del resto non è un mistero che l'Isis abbia strutturato la propria linea difensiva seguendo i manuali sulla guerriglia divenuti tristemente celebri negli Anni '60 e '70. C'è un dormitorio, una cucina attrezzata per resistere settimane se non mesi. A Tarjalla c'era anche una madrassa, sempre sottoterra, distrutta dagli iracheni. Dal buio spuntano anche ritagli di giornali e riviste, con gli articoli che raccontano del 'martiriò di questo o quell'altro jihadista nella guerra voluta dal Califfo. Tutto è stato lasciato dov'era: ogni tanto spuntano inquietanti scatole con fili elettrici o sinistre pentole e bombole che potrebbero nascondere micidiali trappole anti-uomo. E a Tarjalla, così come nei villaggi vicini, il vento sparge ovunque l'odore della morte.

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