ROMA. C'è un contingente di oltre 400 militari italiani - che a giorni diventeranno 500 - ad un passo dal fronte caldo di Mosul. Mentre è stata lanciata l'offensiva per la conquista della capitale irachena dello Stato Islamico, ad una trentina di chilometri di distanza, i bersaglieri della Brigata Aosta stanno infatti completando il loro dispiegamento per fornire la necessaria cornice di sicurezza al cantiere che dovrà lavorare al consolidamento della diga.
Pochi giorni fa nei dintorni della base italiana sono esplosi alcuni razzi lanciati da postazioni dell'Isis senza fare danni. In precedenza, l'intelligence aveva raccolto alcuni 'warnings' sul rischio di attacchi terroristici all'infrastruttura. E l'allerta ora è salita ai massimi livelli.
«La diga di Mosul - ha spiegato il ministro della Difesa, Roberta Pinotti - non è vicinissima alla città, dista 20-30 chilometri. Sapevamo di andare in una situazione carica di tensioni e rischi e abbiamo approntato un dispositivo di sicurezza che lascia tranquilli sia i militari italiani che i dipendenti della Trevi». Pinotti ha precisato che «i soldati italiani non partecipano all'offensiva per la ripresa della città di Mosul che vede invece impegnato l'esercito iracheno».
La missione italiana si chiama Presidium ed è stata predisposta a seguito dell'aggiudicazione dei lavori di messa in sicurezza della diga da parte dell'azienda cesenate Trevi. Si tratta di un'infrastruttura delicata per l'intera area perchè fornisce acqua ed elettricità a centinaia di migliaia di persone. Un eventuale sabotaggio o atto terroristico provocherebbe una catastrofe: oltre al grave danno ambientale sarebbe compromessa l'economia di tutta l'area. I primi militari italiani sono giunti nello scorso aprile per le ricognizioni. Nei mesi successivi si sono susseguiti gli arrivi ed il contingente sarà completato entro la fine del mese.
Ai primi di novembre il cantiere sarà pienamente operativo. Gli uomini della Trevi stanno lavorando alla parte logistica del sito che sarà difeso dalle forze armate italiane. Ma una cintura di sicurezza più ampia vigila sull'area: è formata dai peshmerga e dalle forze irachene che sono impegnate anche nell'offensiva per la riconquista di Mosul.
L'allarme è salito ai primi di ottobre, in seguito al lancio di alcuni razzi nella zona della diga. L'attacco non ha interessato la base italiana che, ha spiegato lo Stato Maggiore della Difesa, «è rimasta in completa sicurezza». Si sono quindi alzati in volo aerei della coalizione internazionale che hanno neutralizzato la minaccia, distruggendo le postazioni di lancio. Ed ora, nel mezzo della battaglia, l'attenzione degli italiani è massima per evitare atti ostili contro l'installazione militare - protetta da trincee, reticolati e muri di cemento o contro la diga. Quando i lavori partiranno ci sarà un via vai di camion dal cantiere verso l'opera e dunque l'area da controllare sarà molto ampia.
È di diciotto mesi il tempo previsto dalla Trevi per concludere i lavori. Complessivamente sono 950 i militari italiani impegnati nell'operazione contro il Califfato chiamata 'Prima Parthicà. Sono dislocati in maggioranza tra Erbil, in Kurdistan e Baghdad, dove addestrano le forze di sicurezza curde ed irachene. Ad Erbil l'Italia fornisce anche il servizio di recupero del personale a favore di forze della coalizione rimaste isolate sul terreno in aree ostili.
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