DAMASCO. Da 5.200 a 15.000 uccisi a colpi d'arma da fuoco, decapitati, investiti con autoveicoli o in altri modi, sono sepolti in 72 fosse comuni dell'Isis localizzate in Iraq e in Siria. Ma sono sempre solo una parte - forse minima - di quelli che si prevede verranno scoperti quando i jihadisti del 'Califfato" saranno costretti ad abbandonare le regioni tuttora sotto il loro controllo.
È questo il risultato di un'indagine condotta dall'agenzia Ap che si basa su racconti dei sopravvissuti, fotografie e immagini satellitari. Le vittime sono membri della minoranza religiosa Yazidi, considerati pagani dai fondamentalisti sunniti dell'Isis, sciiti, giudicati apostati, militari degli eserciti iracheno e siriano, civili considerati traditori.
Massacri che gli uomini dello Stato islamico non hanno cercato di nascondere e di cui, anzi, si sono spesso vantati mettendo in rete le immagini delle più atroci esecuzioni. Eppure la carenza di risorse e personale da utilizzare e il lungo lavoro necessario per recuperare e riconoscere i cadaveri, fanno dubitare che sarà effettivamente possibile un giorno portare in giudizio almeno parte dei responsabili.
«Vogliamo tirarli fuori ma le autorità ci rispondono che devono rimanere là in attesa che arrivi una commissione per esumarli», lamenta tra gli altri Rasho Qassim, un uomo che nel 2014 ha perso due figli nel massacro degli Yazidi nei pressi del Monte Sinjar, nel nord-ovest dell'Iraq. Un altro abitante della regione, Arkan Qassem, racconta di avere osservato da lontano, con l'aiuto di un binocolo, i jihadisti dell'Isis uccidere sistematicamente, per sei giorni consecutivi, gli uomini del villaggio di Hardan, per poi seppellirli con i bulldozer.
Secondo la Ap, delle 72 fosse scoperte finora, 55 sono in territorio iracheno e 17 in Siria. Le immagini satellitari ottenute dalla società di Intelligence AllSource Analysis sono state preziose per identificare i luoghi dei peggiori massacri. Come quello di 600 detenuti, in gran parte sciiti, della prigione di Badush, vicino a Mosul. O come quello di 400 membri del clan tribale degli Sheitat, i cui corpi sono stati trovati in una fossa nella provincia orientale siriana di Deyr az Zor. O ancora quello di 160 soldati siriani uccisi nella provincia di Raqqa.
Finora l'unica sentenza emessa per uno dei massacri dell'Isis - ma per il quale il governo iracheno accusa anche ex fedelissimi di Saddam Hussein, anch'essi sunniti - è quella che il 21 agosto ha portato all'impiccagione nel carcere di Nassiriya di 36 uomini giudicati colpevoli di avere partecipato all'uccisione, nell'estate del 2014, di oltre 1.500 soldati della base di Speicher, vicino a Tikrit, anch'essi in grande maggioranza sciiti.
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