Giovedì 19 Dicembre 2024

Trump promette "meno tasse per tutti", ma Hillary boccia il suo piano

NEW YORK. Il piano di Donald Trump «concede sgravi fiscali alle grandi aziende e ai ricchi»: «non aiuta l'economia». Hillary Clinton boccia la ricetta di Trump per il rilancio economico. «Vuole liberarsi delle regole per Wall Street. Vuole eliminare il Consumer Protection Bureau che ha consentito agli americani di risparmiare miliardi di dollari» mette in evidenza Hillary, precisando che i «ricchi devono pagare il giusto di tasse per favorire il cambiamento»«La più grande rivoluzione fiscale dai tempi di Ronald Reagan»: è la promessa di Donald Trump, che lancia la proposta di «un taglio generalizzato delle tasse» a imprese e famiglie, per aprire «una nuova era di prosperità in America» e dare alla ripresa quella spinta che finora è mancata. Con l'obiettivo di raddoppiare la crescita portandola al 4% l'anno. Il tycoon illustra il suo piano per l'economia a Detroit, la capitale dell'industria automobilistica americana. Quella Detroit passata dai fasti di 'Motor City' al declino che - sottolinea - è il frutto di politiche fallimentari di cui Hillary Clinton si fa ancora portavoce: «Lei è il passato, noi rappresentiamo il futuro». Ma l'importanza del discorso di Detroit va al di là dell'agenda economica del candidato alla Casa Bianca. È un momento di snodo della campagna elettorale, con Trump che deve risalire la china dopo la 'settimana orribilè che lo ha fatto crollare nei sondaggi. L'ultimo lo dà indietro di 12 punti su Hillary. Così sul palco dell'Economic Club il volto di Trump è più teso del solito, il piglio meno sicuro. Legge il tycoon, non parla a briglie sciolte come è abituato a fare, così come quando alcuni giorni fa a denti stretti ha dovuto dare il suo appoggio ai 'rivalì di partito Paul Ryan e John McCain. Il messaggio dei vertici repubblicani, dopo il caos delle ultime settimane, sembra essere arrivato chiaro e forte: non c'è più margine per sbagliare, per agire da 'cane scioltò. Il Grand Old Party appoggerà Trump se lui lo seguirà, oppure lo abbandonerà al suo destino, a costo di regalare la Casa Bianca alla Clinton. E Trump, lasciando almeno per il momento da parte ogni eccesso, presenta una ricetta economica che ricalca a grandi linee quella dei repubblicani in Congresso. Una piattaforma in cui la riduzione della pressione fiscale figura al primo posto. Una rivoluzione, quella avanzata, che costerà - secondo le previsioni della sua campagna - meno di 2.000 miliardi di dollari in dieci anni. «Tasse più basse aiutano a far rientrare in America denaro e posti di lavoro dall'estero», spiega il tycoon che - tralasciando anatemi e minacce su chi delocalizza - propone un'aliquota ridotta al 15% sulle imprese e una del 10% sul rientro di capitali. Per quel che riguarda le persone fisiche, invece, tre le aliquote (12%, 25% e 33%) a seconda della fascia di reddito. «Anche i ricchi devono pagare il giusto ma - sottolinea il candidato - non bisogna distruggere la nostra capacità di competere e creare posti di lavoro». E poi, «via la tassa di successione», e «tasse pari allo zero» per i più disagiati. La seconda gamba del piano per rilanciare l'economia Usa è quella di una profonda revisione degli accordi commerciali. Anche qui Trump evita i pesanti attacchi del passato al Wto, e assicura di non essere per l'isolazionismo. Ma non risparmia un affondo alla Cina: «La sfideremo, come manipolatrice di valute e come responsabile di quasi la metà del nostro deficit». Intanto, mentre Hillary cerca il consenso di due big come Henry Kissinger e Condoleezza Rice, un repubblicano scende in campo da indipendente. È Evan McMullin, 40 anni, responsabile politico in seno alla House Republican Conference, alla Camera dei Rappresentanti in Congresso. «Serve una generazione di nuovi leader. E l'America merita qualcosa di molto meglio di Donald Trump e Hillary Clinton». Qualcuno lo vede come l'anti-Trump appoggiato dai repubblicani delusi. Ma è difficile che possa dire la sua.(

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