ROMA. Oltre 130 media sono stati chiusi in Turchia in risposta al fallito golpe militare. Lo riferisce Hurriyet, diffondendo i dettagli di un decreto sullo stato di emergenza. In particolare sono state chiuse tre agenzie di stampa, 16 canali tv, 23 radio, 45 giornali, 15 magazine e 29 case editrici. Tra essi, l'agenzia Cihan, Zaman e Kanalturk. Non si fermano quindi arresti ed epurazioni dopo il fallito colpo di Stato in Turchia. Una nuova ondata di mandati di cattura ha preso di mira ieri 47 giornalisti, ex del quotidiano 'gulenista' Zaman, il più diffuso nel Paese prima del sequestro di inizio marzo. Tra loro, il celebre editorialista Sahin Alpay, prelevato manette ai polsi dalla sua abitazione nel centro di Istanbul. Ma della lista fanno parte tanti nomi noti, come quelli degli ex direttori dell'edizione inglese del giornale, Bulent Kenes e Sevgi Akarcesme. Una nuova tornata di giornalisti nel mirino del presidente Recep Tayyip Erdogan, dopo i 42 per cui già lunedì era stato chiesto l'arresto. Il totale delle persone in manette è salito a 15.846, tra cui 10.012 soldati. Una cifra-monstre che si aggiunge a quella degli oltre 70 mila cacciati dalle pubbliche amministrazioni o privati delle licenze lavorative per insegnare. Da 41 università sono stati rimossi almeno 1.617 dipendenti, mentre 234 sono gli accademici arrestati. Per tutti, l'accusa è di legami con la rete di Fethullah Gulen, considerato da Ankara la mente del golpe. L'esercito ha intanto completato la conta dei suoi 'traditorì. Al tentativo di colpo di stato, fanno sapere le Forze armate, hanno partecipato 8.651 «terroristi in divisa», pari all'1,5% di tutto l'esercito. La rete dei presidenti delle Corti Supreme europee è «profondamente preoccupata» dai rapporti sulle recenti rimozioni di oltre 2.700 magistrati in Turchia e per gli ordini di arresto di molti giudici e procuratori. Tra i magistrati colpiti, osserva la Rete, ci sono anche giudici del Consiglio di Stato e della Corte di Cassazione. Anche il numero di cittadini coinvolti e l'annuncio del ripristino della pena di morte destano «serie preoccupazioni». «Noi desideriamo ricordare - spiega l'organismo - che l'indipendenza della magistratura non è un privilegio per i giudici, ma una garanzia di rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, che permettono ad ogni persona di avere fiducia nel sistema giudiziario, nella Legge e nello Stato». Il network europeo considera quanto avvenuto «un attacco all'indipendenza della magistratura, così come una minaccia sistemica allo Stato di diritto in questa nazione membra del Consiglio d'Europa».