ISTANBUL. Più di 7.500 arresti, oltre 13 mila dipendenti pubblici cacciati, purghe che non risparmiano più neanche la polizia e centinaia di migliaia di lavoratori statali bloccati in Turchia da un divieto di espatrio. Il presidente Tayyip Erdogan fa tabula rasa di golpisti e oppositori, promette una repressione sempre più dura e annuncia che, se il Parlamento la approverà, darà il suo ok alla pena di morte. Dopo il golpe fallito, il governo predica normalità, ma la Turchia appare sempre più sull'orlo dello stato d'emergenza. In queste ore, le foto shock di militari golpisti picchiati e umiliati invadono i social media e sconvolgono l'opinione pubblica. Mentre anche le strade tornano a macchiarsi di sangue. Due uomini hanno ucciso a colpi di pistola il vicesindaco di Sisli, una municipalità nel centro di Istanbul, membro dell'opposizione socialdemocratica Chp. Un altro attacco armato è avvenuto stamani vicino al tribunale di Ankara, dove testimoniavano i generali accusati del golpe. Dopo i militari e giudici, il giro di vite ha raggiunto oggi le forze di polizia, di cui molti avevano inizialmente sottolineato la fedeltà a Erdogan. Ma nelle sue purghe senza fine, il sultano ha trovato nemici anche lì. 8.777 dipendenti del ministero dell'Interno sono stati sospesi dai loro incarichi. Una cifra-mostre che include 7.899 agenti, costretti a restituire armi e distintivi, e ben 30 prefetti su 81, oltre a 614 gendarmi e 47 governatori di distretti provinciali. Nelle liste di proscrizione finiscono anche 1.500 dipendenti del ministero delle Finanze. Il senso dello stato di emergenza in cui versa la Turchia lo dà anche il clamoroso divieto di espatrio per i dipendenti pubblici, cui sarà pure vietato di abbandonare i propri uffici per ferie o altri congedi, fino a nuovo ordine. Provvedimenti che colpiscono oltre 3 milioni di persone. Un clima che è già sfociato in atti di violenza armata incontrollata. A Istanbul oggi pomeriggio è stato ucciso in pieno giorno e in pieno centro Cemil Candas, il vicesindaco di Sisli, proprio nella sede del Comune. Contro di lui, hanno aperto il fuoco 2 persone, poi fermate. Poche ore prima, un militare aveva sequestrato un veicolo vicino al tribunale di Ankara, uccidendone il conducente. Anche lui è stato arrestato, per le autorità avrebbe disturbi mentali. Ma il caos è sempre più forte. Molti attacchi violenti si segnalano in tutto il Paese contro le minoranze religiose durante le invasioni serali delle folle islamiche nazionaliste, a cui Erdogan ha chiesto di non abbandonare le piazze. Attacchi sarebbero avvenuti anche contro giornalisti, mentre una ventina di siti web di opposizione sono stati oscurati dalla censura turca. Se la Turchia dovesse reintrodurre la pena di morte i negoziati per l'adesione di Ankara all'Unione europea si interromperebbero: lo ha ribadito il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ai microfoni di Radio Anch'io. «È chiaro che non sta nè in cielo nè in terra di continuare un qualsiasi percorso negoziale con un Paese che reintroducesse la pena di morte, visto che tra i principi dell'Unione europea c'è ovviamente l'abolizione della pena di morte», ha affermato il ministro riferendosi alla Turchia. «Noi siamo molto esigenti nei confronti della Turchia e quindi, al di là della pena di morte, che è una cosa evidentissima, noi siamo molto, molto severi anche nei confronti della logica delle vendette e delle epurazioni perchè a differenza di tanti altri paesi, in cui purtroppo ci sono centinaia o migliaia di esecuzioni capitali all'anno, la Turchia è un Paese che ha aperto un negoziato con l'Unione europea», ha proseguito Gentiloni.