Lunedì 23 Dicembre 2024

Tentato golpe in Turchia, Ergodan caccia 8000 poliziotti: è caos

ISTANBUL. Più di 7.500 arresti, oltre 13  mila dipendenti pubblici cacciati, purghe che non risparmiano  più neanche la polizia e centinaia di migliaia di lavoratori  statali bloccati in Turchia da un divieto di espatrio. Il  presidente Tayyip Erdogan fa tabula rasa di golpisti e  oppositori, promette una repressione sempre più dura e annuncia  che, se il Parlamento la approverà, darà il suo ok alla pena di  morte. Dopo il golpe fallito, il governo predica normalità,  ma la Turchia appare sempre più sull'orlo dello stato  d'emergenza. In queste ore, le foto shock di militari golpisti  picchiati e umiliati invadono i social media e sconvolgono  l'opinione pubblica. Mentre anche le strade tornano a macchiarsi  di sangue. Due uomini hanno ucciso a colpi di pistola il  vicesindaco di Sisli, una municipalità nel centro di Istanbul,  membro dell'opposizione socialdemocratica Chp. Un altro attacco  armato è avvenuto stamani vicino al tribunale di Ankara, dove  testimoniavano i generali accusati del golpe. Dopo i militari e giudici, il giro di vite ha raggiunto oggi  le forze di polizia, di cui molti avevano inizialmente  sottolineato la fedeltà a Erdogan. Ma nelle sue purghe senza  fine, il sultano ha trovato nemici anche lì. 8.777 dipendenti  del ministero dell'Interno sono stati sospesi dai loro  incarichi. Una cifra-mostre che include 7.899 agenti, costretti  a restituire armi e distintivi, e ben 30 prefetti su 81, oltre a  614 gendarmi e 47 governatori di distretti provinciali. Nelle  liste di proscrizione finiscono anche 1.500 dipendenti del  ministero delle Finanze. Il senso dello stato di emergenza in  cui versa la Turchia lo dà anche il clamoroso divieto di  espatrio per i dipendenti pubblici, cui sarà pure vietato di  abbandonare i propri uffici per ferie o altri congedi, fino a  nuovo ordine. Provvedimenti che colpiscono oltre 3 milioni di  persone.     Un clima che è già sfociato in atti di violenza armata  incontrollata. A Istanbul oggi pomeriggio è stato ucciso in  pieno giorno e in pieno centro Cemil Candas, il vicesindaco di  Sisli, proprio nella sede del Comune. Contro di lui, hanno  aperto il fuoco 2 persone, poi fermate. Poche ore prima, un  militare aveva sequestrato un veicolo vicino al tribunale di  Ankara, uccidendone il conducente. Anche lui è stato arrestato,  per le autorità avrebbe disturbi mentali. Ma il caos è sempre  più forte. Molti attacchi violenti si segnalano in tutto il  Paese contro le minoranze religiose durante le invasioni serali  delle folle islamiche nazionaliste, a cui Erdogan ha chiesto di  non abbandonare le piazze. Attacchi sarebbero avvenuti anche  contro giornalisti, mentre una ventina di siti web di  opposizione sono stati oscurati dalla censura turca. In questo clima di tensione alle stelle, Ue e Usa chiedono  che la Turchia «rispetti la democrazia, le libertà fondamentali  e lo stato di diritto» nella risposta al tentativo di golpe. Il  premier Yildirim ha promesso di farlo, ma un ritorno alla pena  di morte, verso cui Erdogan sembra sempre più incline,  segnerebbe un immediato stop alle trattative con Bruxelles.  Resta alta la tensione anche sull'estradizione di Fethullah  Gulen, per cui Washington insiste di non aver ricevuto ancora  alcuna richiesta, nè le prove delle sue presunte responsabilità  nel golpe. Dalla Nato, arrivano comunque rassicurazioni sul  ruolo indiscutibile di Ankara.     Intanto, i misteri su chi abbia operativamente diretto il  putsch fallito restano molti. L'ex capo dell'Aviazione Akin  Ozturk, accusato di esserne lo stratega, davanti ai magistrati  ha continuato a negare ogni responsabilità: «Il capo di stato  maggiore Hulusi Akar è testimone del fatto che non ho  partecipato al golpe. Non posso dire chi l'abbia eseguito».

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