ROMA. Tensione tra Italia e Bangladesh per come è stato gestito l'assalto jihadista all'Holey Artisan Bakery cafè di Dacca, conclusosi con 20 morti, 9 dei quali italiani. A quanto si apprende, le autorità bengalesi hanno voluto dirigere e portare a termine in totale autonomia l'operazione, senza condividere con Roma - né con altri - le modalità di intervento delle forze di sicurezza. E ciò - visto anche il risultato - avrebbe provocato irritazione nel governo italiano. In Bangladesh non c'è un centro dell'intelligence italiana. Uno 007 è partito soltanto ieri mattina per Dacca. L'ambasciatore italiano è quindi l'uomo con cui le autorità bengalesi si sono rapportate sul posto. A tenere il filo da Roma i vertici del governo. Erano invece presenti nella capitale asiatica agenti dei servizi americani ed inglesi, che hanno cercato - a quanto sembra - un'interlocuzione con i bengalesi, fornendo disponibilità ad aiutare nell'intervento contro il commando dell'Isis. Ma sembra che anche le offerte inglesi e americane siano state rispedite al mittente: "Sul nostro territorio interveniamo noi", è stato il tenore della risposta bengalese. Il problema è che, all'atto pratico, il blitz del centinaio di 'teste di cuoio' nel ristorante situato nel quartiere diplomatico della capitale è risultato fallimentare, in quanto tardivo. Gli ostaggi occidentali erano già stati uccisi nelle ore precedenti, uno dopo l'altro. Probabilmente le forze di sicurezza bengalesi, anche per mancanza di strumentazioni tecnologiche adeguate come videocamere termiche e microfoni direzionali, non sapevano cosa era accaduto dentro il ristorante e così hanno deciso di intervenire di mattina anche per sfruttare il fattore stanchezza del gruppo terrorista. Che però aveva già compiuto la sua carneficina. Sul terreno si sono così contati 20 ostaggi morti. Una conclusione che ha lasciato l'amaro in bocca a Roma, dove c'è la convinzione che l'operazione avrebbe potuto svolgersi diversamente e forse qualche vita si sarebbe potuta salvare.