Lunedì 23 Dicembre 2024

Brexit, grande affluenza al referendum
I sondaggi: il fronte del sì all'Ue al 54 %
Cameron ringrazia, vola la sterlina

LONDRA. Nella sua notte più lunga, Bruxelles tira un sospiro di sollievo al primo 'opinion poll' di YouGov che dà la vittoria del 'Remain' per 52-48. Quello di Ipsos Mori, mezz'ora dopo, vede un 54-46. I primi risultati veri sulla Brexit arriveranno nella notte e diranno la verità sul referendum che, comunque vada, cambia la storia dell'Europa. Il cambiamento dell'Unione, per quanto difficile, ci dovrà comunque essere. Ma già in giornata i mercati, sulla base dei sondaggi privati commissionati dai big della finanza, avevano scommesso che i britannici non avrebbero fatto il salto nel buio. Scampato il pericolo del caos, il dato politico potrà essere discusso solo con l'esito reale. "L'importante è che ci sia un risultato netto, dal 52-53% in su", riferiscono fonti del Consiglio, dove Donald Tusk segue le prime reazioni. Ed anche nel palazzo della Commissione europea è accesa la luce nell'ufficio di Jean Claude Juncker, all'ultimo piano del Berlaymont. A caldo, il primo a commentare il possibile risultato è Gianni Pittella, capogruppo dei socialisti europei, che attacca "l'austerity cieca di Barroso che va archiviata". "Se il risultato sarà confermato, ad aver perso è chi vuole distruggere l'Europa", dice, puntando il dito su Cameron che "passerà alla storia come uno dei peggiori leader che il Regno Unito abbia avuto". Ma ciò non toglie la necessità di "cambiamenti profondi" nella Ue, perché "mantenere lo status quo equivale ad una condanna a morte per l'Europa". Pittella annuncia che i socialisti "nel breve periodo continueranno a lottare per un'Europa più sociale, ma è ineludibile arrivare ad un momento costituente, una nuova convenzione per l'Europa". Nell'attesa, in una giornata di caldo e piogge tropicali su Bruxelles, la capitale dell'Unione europea ha cercato di tenere l'aplomb e continuare a lavorare. Ma ha finito per apparire marginale anche la visita di Reuven Rivlin e Abu Mazen, i presidenti israeliano e palestinese che nei tre giorni delle loro visite incrociate in Parlamento, Consiglio e Commissione europea si sono sfiorati, scambiati accuse e mai incontrati per il rifiuto del palestinese di aderire all'invito per un faccia a faccia fatto dall'alto rappresentante Federica Mogherini. Il presidente della Commissione ha confermato l'agenda degli appuntamenti, ma nel punto stampa con l'israeliano non ha nascosto la fretta di tornare ai "continui contatti telefonici" con Matteo Renzi, Angela Merkel e gli altri leader europei. Dietro le quinte, nei palazzi delle istituzioni ci si è preparati al 'day after'. Per facilitare la copertura mediatica dell'attesa, Consiglio e Parlamento europei hanno deciso di tenere aperte le sale stampa per tutta la notte. Ma sono rimaste semi-deserte. I primi risultati credibili arriveranno probabilmente non prima delle 4. L'annuncio del risultato ufficiale è previsto attorno alle 8. Alla stessa ora nel Parlamento europeo si riunirà la Conferenza dei presidenti, l'equivalente della 'capigruppo' del parlamento italiano. Attorno alle 9.30 il presidente Martin Schulz esporrà la posizione dell'unica istituzione elettiva della costruzione europea. E alle 10.30 parteciperà, con il presidente del Consiglio Donald Tusk ed il premier olandese Mark Rutte, detentore della presidenza Ue di turno, alla riunione nell'ufficio di Juncker per la prima risposta istituzionale. Ma è per lunedì che è convocata la riunione straordinaria del Collegio dei Commissari che metterà a punto la posizione alla vigilia del vertice di martedì e mercoledì. Nella coalizione europeista che al Parlamento europeo sostiene l'esecutivo Juncker, socialisti e liberali sono i più determinati a chiedere una riforma della Ue. "L'Unione europea è da rifondare", sostiene la liberale francese Sylvie Goulard. Ma il Ppe, il gruppo di maggioranza relativa guidato da Manfred Weber e a cui fanno riferimento - tra gli altri - Angela Merkel, Jean Claude Juncker e Donald Tusk, frena. La prima priorità è quella di bloccare l'effetto domino, che può scattare in Olanda, Francia e Finlandia. Se anche non ci sarà Brexit, spiega una qualificata fonte dei 'popolari', i capi di Stato e di governo dei 28 dovranno avviare una "riflessione" per cambiare l'approccio e la narrativa del rapporto con Bruxelles, ma - con la Spagna senza governo, con l'Italia alle prese con un referendum costituzionale e con le elezioni in Germania e Francia nel 2017 - un vero processo di riforma non potrà essere avviato prima di un anno.

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