ROMA. «A lungo termine, se l'Europa saprà adottare le politiche giuste, rischia molto meno del Regno Unito, che si ritroverà isolato in un contesto di mondializzazione. L'Europa non deve ripetere gli errori del passato. Per esempio lo spostamento di capitali verso il dollaro e lo yen conseguenti a una Brexit potrebbe indebolire l'euro e favorire il commercio, ma a condizione che ci siano buone politiche economiche per rilanciare l'attività, investire, sostenere l'occupazione e creare finalmente un euro-bond per evitare che lo spread ci avveleni la vita». Per l'economista francese Jean-Paul Fitoussi, intervistato dal Messaggero, «la palla è nel nostro campo». A breve termine, la Brexit «provocherebbe una recessione in Inghilterra e un'estrema volatilità dei mercati di cambio e finanziari», dice Fitoussi. «La Gran Bretagna presenta un deficit delle partite correnti che è compensato da un'eccedenza nella bilancia dei pagamenti. Questo significa che il deficit inglese è finanziato da capitali in entrata. Se l'Inghilterra uscisse dall'Europa, il flusso dei capitali s' invertirà, con conseguente deprezzamento della sterlina e problemi nel settore dei servizi, in particolare la finanza». «Se la sterlina si dimezza (esagero naturalmente) tutti gli attivi in sterline si dimezzano. E allora si verifica un flight to quality: una corsa dei capitali verso piazze più sicure. Questa corsa è già cominciata: verso la Germania», prosegue Fitoussi. «I capitali in fuga dall'Inghilterra andranno dove si sentono più sicuri, in particolare in Germania, provocando un'ulteriore diminuzione dei tassi tedeschi. Questa discriminazione rischia di far tornare in auge la vecchia storia dello spread».